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Icone, immagini della divinità

Illumina l’anima, il cuore e lo spirito del tuo servo, guida la sua mano, affinché possa per la Gloria e la Bellezza della santa Chiesa, rappresentare in modo perfetto e degno la Tua Immagine creata…”.
È la preghiera che l’artista recita mentre si appresta a dipingere un’icona, con la speranza che all’immagine divina si unisca la virtù dell’arte umana, nel messaggio spirituale che vi sarà racchiuso in quella rappresentazione, tutta da contemplare.
Ma per riuscire a fondere col pennello la grandezza del mistero divino e ciò che è e rimarrà eterno, c’è una tecnica particolare?

Lo domandiamo a Monia Bucci, 34 anni, giovane iconografa dell’Associazione Punto Giovane.
“Io stessa , dopo il primo corso col maestro Giancarlo Pellegrini di Bologna, svoltosi nel maggio 2004 presso il convento Santa Maria della Vita di Sogliano, rimasi talmente entusiasta dell’esperienza che, a luglio dello stesso anno, feci il 2° livello. Dal 2006 ogni anno qui in associazione approntiamo un corso nuovo e quest’anno daremo luogo a quello di 3° livello, poi ne seguiranno altri di grado più avanzato”.

Qual è il tema del corso di quest’anno?
“Realizzeremo l’Icona della Vergine della Tenerezza della scuola di Novgorod, xv sec.”

Come si svolgono le lezioni?
“Più che altro si esegue un lavoro pratico, manuale. Nelle 7/8 ore giornaliere, oltre la pittura, vi sono lezioni teoriche, supportate da proiezioni di diapositive; c’è anche storia e teologia dell’Icona con consigli ed istruzioni sulla tecnica iconografica. Si parte da una prima fase dimostrativa, poi ogni allievo segue il proprio elaborato. Il prof. Pellegrini, nostro maestro, è a sua volta allievo del maestro russo Alexander Vassilievic Stal’nov, insegnante all’Accademia Teologica di San Pietroburgo. All’interno della sede dell’associazione c’è anche una chiesetta e io ho collaborato all’esecuzione di un’opera abbastanza importante che vi è esposta”.

Come è nato questo interesse per le icone, visto che non fanno parte della nostra pittura sacra tradizionale?
“Tutto è iniziato con la mia prima esperienza che assecondò anche don Franco Mastrolonardo, che seguiva la formazione spirituale dei giovani dell’associazione fino all’anno scorso. Lui ebbe nei miei confronti una buona intuizione, mi incoraggiò anche perché avevo delle buone basi, avevo frequentato l’Istituto d’arte di Riccione. Poi ho iniziato il mio cammino all’interno di Punto Giovane e mi è venuta l’ispirazione di fondere insieme spiritualità e ispirazione artistica, provando l’esperienza dell’iconografia”.

L’attrezzatura per dipingere è particolare?
“Si usa una tavola in legno massello di tiglio, una tela di lino naturale, come collante colla di coniglio, pennelli di martora e di scoiattolo, cavalletto, tavolozza, ecc. La tavola di tiglio viene preparata con la gessatura, quindi si lavora sulla superficie bianca del gesso asciutto, poi viene eseguito il disegno sul gesso. Si passa poi alla fase della doratura con l’oro in fogli e la pittura coi colori, tanti colori, tutti a base naturale. Spesso impieghiamo pietre macinate come lapislazzuli (azzurro) azzurrite, cinabro, le ocre gialle o la terra rossa più un’emulsione a base di chiara d’uovo”.

Per dipingere le icone bisogna predisporsi anche spiritualmente?
“Penso sia inscindibile all’interno di un cammino spirituale…”

Che cosa provi quando dipingi?
“Sono rimasta legata, all’inizio del mio cammino religioso, alla parola del Vangelo e all’interno dell’iconografia il Vangelo è sempre presente. Il senso spirituale è del tutto visibile, di conseguenza le creature di Dio sono simboli di una verità che si rivela nei misteri divini. L’iconografia è luce alla quale deve corrispondere la luce interiore della Fede di coloro che l’hanno dipinta e di quelli che pregano davanti ad esse”.

SUOR VANIA DEL CARMELO DI S.MARIA DELLA VITA

C’è un monastero, non molto lontano da Rimini, dove vivono alcune monache di clausura. È il Carmelo Santa Maria della Vita di Sogliano. Lì vive Suor Vania Spazzoli, una giovane monaca di 34 anni che ha iniziato il suo percorso artistico contemporaneamente al suo cammino di fede.

Quando è iniziato l’interessamento per l’arte?
“La passione è nata qui in monastero, c’era una sorella che dipingeva, poi io ho chiesto di partecipare al primo corso di iconografia”.

Ma cosa l’ha colpita principalmente, come spiega questa scelta?
“Tutto è capitato stando davanti al volto del Signore che era il tema da trattare; a me è bastata questa visione per innamorarmi anche dell’arte; posso dire che Lui ha scelto me anche per farsi rappresentare…”.

Quali sono i soggetti che dipinge?
“Sono state eseguite alcune tavole, anche per la chiesa del Convento. C’è la Trinità, l’Annunciazione, ma posso raffigurare anche la Vergine o i Santi. La tecnica è quella russa, imparata ai corsi dal maestro Pellegrini.”

Cos’è più difficile fare: il viso, l’espressione o la dorature?
“Sicuramente il volto, lo sguardo, gli occhi con quell’espressione infinitamente divina”.

Il materiale occorrente è sempre reperibile? Qui si parla di pietre preziose triturate, di fogli d’oro zecchino?
“Chi di noi pratica quest’arte è fratello all’altro nel senso che c’è molta solidarietà, per cui se abbiamo difficoltà a reperire un colore si sparge la voce e c’è sempre qualcuno disposto ad aiutarti”.

Dipinge anche su commissione?
“Certamente, abbiamo bisogno di un’ordinazione e poi si procede col lavoro”.

C’è più devozione verso il sacro nelle famiglie russe?
“Nelle case private c’è sempre un piccolo altare, un santuario; l’angolo bello (‘krasnyj ugol’) dove sono collocate le icone di famiglia. Davanti ad esse si prega e con esse si benedicono i bambini o i familiari prima di uscire di casa. Impossibile immaginare il più piccolo rito senza icone”.

È vero che gli antichi pittori russi per la buona riuscita dell’opera, durante l’esecuzione, pregavano?
“Certo! Affinchè il dipinto riuscisse talmente bene che chi lo guardava avesse maggior ispirazione, raccoglimento o passione nella preghiera. Io credo sia inevitabile davanti ad un’icona restare in preghiera. L’icona è in un certo qual modo “parola visiva”. Lasciamo che Iddio faccia fiorire il nostro cuore, che guidi la nostra mano, che metta le ali ai nostri pensieri più soavi e che illumini la nostra mente. Così concepita l’icona non sarà più un semplice quadro sacro da ammirare ma diverrà preghiera dipinta”.

Se si vuole approfondire la storia e la tecnica delle icone, per una maggiore comprensione delle stesse, é possibile consultare i siti citati in pagina:
www.puntogiovane.net
www.carmelosantamariadellavita.it
.


Quel velo d’oro è la luce divina

Spesso ci soffermiamo ad ammirare opere artistiche e dipinti sacri, ignorandone però il messaggio simbolico. Le icone, nate nel periodo bizantino, sono molto legate alla simbologia e comunicano in modo visibile il mistero divino, riassumendo tutte le caratteristiche essenziali della spiritualità. Quel velo di oro che rifulge attorno al viso di Dio, della Vergine o dei Santi è la luce divina, che appare anche nell’aureola o nei filamenti dipinti sulle ali o sugli abiti degli angeli; il blu, che potrebbe essere paragonato al cielo è invece il colore del mistero, il verde è il colore della vita, il rosso, è il colore regale, infatti è la tinta della veste di Gesù, di Maria, mentre per i santi questo colore simboleggia il martirio.Vi è anche un’altra simbologia specifica che riguarda il legno sul quale vengono dipinte le icone. La tavola in legno rappresenta fortemente la croce. Nelle icone, durante la lavorazione (gessatura) viene ricoperta con un lino, e questo tessuto,richiama al significato simbolico la Santa Sindone nel quale fu avvolto il corpo di Gesù .
Chiediamo ad una vera esperta, la pittrice russa Fatima Tomaeva, cosa prova mentre dipinge queste tavole: “Quando dipingo le icone mi sento una persona migliore, più pulita, più vicina alla fede. Sono nativa del Caucaso e ho preso la Laurea all’Accademia di Belle Arti a Vladicavcaz. Nella mia terra le icone hanno un posto d’onore nelle case e spesso durante la giornata ci si rivolge in preghiera ai Santi o alla Vergine con devozione. Fin da piccola mi sono sempre piaciute, per quel senso di bellezza pulita, essenziale, perché i volti hanno espressioni serene, e ora che posso dipingerle ne sono immensamente felice; nella mia esposizione permanente, che ho allestito per il periodo estivo in Via Battisti 89 a Gabicce Mare, stanno a testimoniare anche il mio cammino di fede fatto anche di una profonda concezione estetica e mistica al tempo stesso”.

Pagina a cura di Laura Prelati