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Gulminelli, il “numero uno” Cisl

Già da tempo avevo in animo di parlare di Francesco Gulminelli, figura emblematica del sindacalismo riminese e del cattolicesimo sociale, fondatore della Cisl riminese, anche perché egli ha segnato l’inizio della mia esperienza sindacale, che si protrae da oltre quarant’anni. Soltanto oggi prendo coraggio a due mani e mi accingo a scrivere, stimolato anche dall’articolo di Angela De Rubeis sul il Ponte del 20 marzo dal titolo “Tracce di un sindacato nuovo”, per ricordare i 60 anni della Cisl riminese. Provo così a tratteggiare questa figura, facendo leva sui miei ricordi a partire dal 1969, anno in cui lo conobbi, e sulla testimonianza del caro amico Tommaso Arlotti, sindacalista doc della prima ora.

L’incontro con Francesco Gulminelli
Andando per ordine, conobbi Francesco nella primavera di quell’anno, allorché entrai alla CISL come volontario, per dare una mano al maestro Silvio Franchini, segretario del settore scuola elementare CISL (Sinascel si chiamava allora) che mi invitò durante un’assemblea sulla scuola a collaborare al sindacato, anche perché il segretario precedente, maestro Sebastiano Bianchini, aveva lasciato. C’era da mettere in ordine l’archivio, organizzare la consulenza e tenere aperto l’ufficio frequentato da insegnanti iscritti. Incuriosito, accettai. Ero a digiuno dei problemi dei lavoratori, dei loro diritti e della contrattazione. Quel lunedì in cui, giovane, diplomato ed iscritto all’università, mi recai alla sede della Cisl, allora in via Mentana, 15 a Rimini, per incontrare il segretario della Cisl Gulminelli. Il primo impatto non fu dei più entusiasmanti! L’edificio era piuttosto dimesso. Mi ritrovai al primo piano su uno stretto ballatoio che dava accesso a due appartamenti. Aprii la porta di uno di questi e sentii uno sferragliare. Era il rumore del ciclostile elettrico che allora si adoperava per tutto: comunicati, lettere, manifestini che, redatti e battuti con le macchine da scrivere Olivetti sulla matrice, venivano poi inseriti in questo aggeggio. Il passo successivo era la inchiostratura e poi un giro o due e via alle copie… 10, 100, 200… a seconda del bisogno! Sentii, in quel momento, una voce che con tono deciso chiedeva: “È pronto il manifestino?” e di risposta una giovane con un grembiule nero, che seppi poi essere la segretaria Tonina, rispondere: “Tutto fatto”. E poi vedendomi mi apostrofò: “E tu che ci fai?”. “Sono venuto a dare una mano così come concordato con il M° Franchini – timidamente mi giustificai – cerco il Segretario Cisl”.
“Sono io, bene, bene” disse quest’uomo sfregandosi le mani… “Così aiuterai un po’ anche la Cisl. E che cosa sai fare?” proseguì con tono inquisitorio.“So scrivere a macchina” gettai là la prima cosa che mi venne in mente. “Bene, il resto lo imparerai dato che hai studiato! Quella è la tua stanza, vedi di mettere un po’ di ordine, il telefono è sulla scrivania, io devo scappare. Non ti prometto nulla”.
Imparai poi a conoscerlo. Di temperamento sanguigno e rude, da vero romagnolo, e dalla parlantina sciolta, ma sempre leale e coerente cattolico, i suoi discorsi erano addolciti da battute in dialetto e conditi da sonore risate che spiazzavano l’ascoltatore e mettevano allegria! Aveva un cuore d’oro, pronto ad aiutare tutti. Conobbi poi i sindacalisti di allora, pochi, indaffarati e sempre di corsa.
I sindacalisti
Ricordo Tommaso Arlotti dei collocatori, ancor oggi in piena attività FNP Cisl, Antonio Zaghini dei ferrovieri, Enrico Casadei degli Ospedalieri, Galisto Piergallini del commercio, Primo Guidi della FILSTA, Mario Belparn della Federpubblici, Giuseppe Tagliatti degli Statali Aeronautica, Giuseppe Carasso della Fidel, Giovanni Moroni delle Poste, Renato Del Monte del SILP, Omero Bartolucci del SILTE, Natale Forlazzini del FEDERGAS.ACQUA ed il Patronato Inas con il responsabile Silvano ed un certo Giorgio. Rammento pure che i due appartamenti che a quell’epoca la Cisl occupava (in affitto dal proprietario Cotichini, titolare di un negozio di calzature in Piazza Tre Martiri) composti da 8 vani erano insufficienti e che pertanto vennero, con un po’ d’ingegno, divisi con dei tramezzi in legno. Ricordo anche che poi era stato preso un altro appartamento al piano di sopra, per sopperire alle necessità sempre crescenti. Con il tempo il complesso era diventato insufficiente a contenere anche le nuove categorie che si andavano costituendo e che reclamavano spazi. E fu per questo che, molto tempo dopo, nel 1984, la Cisl si trasferì nel complesso sindacale di Via Marzabotto.

I viaggi con Gulminelli
Appresi della sua storia e delle origini della Cisl riminese dallo stesso Gulminelli che mi parlava di frequente, durante i viaggi che compivamo con la mia auto verso Forlì (dato che Rimini, allora, non aveva alcuna autonomia politica, finanziaria ed organizzativa e dipendeva in tutto e per tutto dai cugini forlivesi). Durante i tragitti mi parlava di sé, delle sue figlie, del suo servizio militare in Libia del 1924, della miseria che lì aveva visto e dell’insensatezza del colonialismo. Mi raccontava poi della bonifica dell’Agro Pontino a cui aveva partecipato nel 1930 e della seconda Guerra mondiale con Rimini pressoché distrutta. E tuttavia, mi diceva che aveva visto rinascere la sua città e che lui stesso si era messo a capo dei disoccupati per far trovare loro lavoro nei cantieri.

Il cambiamento
Cominciai a capire che il sindacato e la Cisl è solidarietà, partecipazione e capacità di contrattare e che i problemi di una categoria vanno visti coordinati in una politica confederale (lo sviluppo, il fisco, l’occupazione). In quegli anni e successivamente, Francesco, se da una parte sostenne la crescita di categorie più compatte quali gli insegnanti, i ferrovieri, i postelegrafonici, i comunali, dall’altra prima con la sua bicicletta poi con la sua moto (macinando chilometri e chilometri) era sempre in mezzo al proletariato dei braccianti agricoli, degli edili, dei metalmeccanici, degli stagionali del turismo, dei giovani apprendisti per parlare, per organizzare. Aveva carisma e fu capace di attorniarsi di un folto gruppo di validi collaboratori (Feni, Giunchi, Tuppolano, Fabbri, Benito Lombardi, Viterbo Tamburini ed altri). Il suo impegno era quello di tutelare la dignità del lavoratore e del salario con la ricerca pari passo del lavoro per il disoccupato. Questo suo obiettivo si saldò con un rapporto mai burocratico con gli uffici di collocamento. Autorevole e deciso, continuò imperterrito il suo mestiere di sindacalista, nella capacità di concretizzare le vertenze, riuscendo quasi sempre a spuntarla, nella lealtà verso le altre confederazioni sindacali con le quali mantenne il massimo di convergenza.

Una nuova coscienza
Fu testimone della nuova coscienza sindacale che sul finire degli anni ’60 si andava evolvendo verso richieste quali la tutela dell’ambiente, la libertà sindacale, la contrattazione aziendale, la valorizzazione professionale che sfoceranno nell’approvazione dello storico Statuto dei Lavoratori del 1970. In quegli anni, riservandosi fino al 1972 un incarico amministrativo, lasciò il passo prima a Tommaso Arlotti, poi a Giovanni Giardi di S. Marino. Seguirono poi sempre come segretari generali Matteo Amadei, Alberico Cerbari, Gabriele Casadei, Tiziano Arlotti, Anna Maria Annibali, Martino Surdo, Paola Taddei, che continuarono la sua opera, fino all’attuale segretario generale Massimo Fossati che sta proiettando la Cisl verso nuovi traguardi. Per il suo forte impegno gli fu conferito nel 1975 il titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana. Ricordo quando nel 1972, Gulminelli, ritirandosi nella sua casa di S.Giuseppe al Porto, ci salutò invitandoci a proseguire. Lo rividi nel 1990 per il 40ª della Cisl e fu premiato con una targa ricordo.
Scomparve il 26 febbraio 1995 e al suo funerale erano presenti amministratori, politici, sindacalisti, direttori di Enti ma anche tanti lavoratori che vollero così testimoniare la validità e la continua attualità del suo forte messaggio.

Enrico Morolli