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Gli Ordini mendicanti in città

Dalla lotta per le investiture ai primi anni del Cinquecento. Questo il periodo affrontato nel secondo volume de La storia della Chiesa riminese. Edito da Guaraldi – e promosso dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “A. Marvelli” e dalla Biblioteca Diocesana “Mons. Emilio Biancheri” – il volume raccoglie diversi aspetti caratterizzanti il periodo. Dalla Chiesa in età comunale, a S.Arduino e la riforma del Clero passando per gli Ordini Mendicanti nella città e nella Diocesi. E proprio di quest’ultimo argomento riporteremo un breve stralcio tratto dal libro, scritto da Riccardo Parmeggiani.

«Un segno dell’incidenza dei nuovi Ordini mendicanti sulla vita religiosa e culturale della Chiesa riminese nel Medioevo emerge con evidenza dall’impianto stesso di questo volume, dove i diversi studi dedicati all’agiografia, ai movimenti ereticali, alle testimonianze artistiche e architettoniche, alle attività creative ed assistenziali, alla speculazione dei più illustri teologi diocesani, hanno come perno i conventi di queste religiones novae. Il loro insediamento in forma stabile nell’ambito urbano ebbe già a partire dalla metà del Duecento profonde e durature conseguenze anche sugli equilibri politici cittadini, accompagnando, e contemporaneamente guidando, il mutamento della società riminese, esercitando una funzione di raccordo tra autorità pontificia e particolarismo locale, riuscendo ad intrecciare, specialmente per quanto riguarda l’ordine dei Minori, una relazione privilegiata con i ceti dirigenti comunali e ben presto con il potere signorile dei Malatesti. L’analisi delle origini e degli sviluppi storici dei Mendicanti nella Diocesi è in parte complicata dallo stato delle fonti conservate. Il panorama, pur con la relativa eccezione costituita dalla documentazione agostiniana, non risulta infatti estremamente ricco per l’epoca medievale a causa di distruzioni e dispersioni del materiale archivistico. A questa carenza, cui in parte si sopperisce con il ricorso a testimonianze dal carattere più indiretto (testamenti, presenze testimoniali, ecc.) è da sommare la scarsa affidabilità di alcune delle fonti superstiti, dai toni leggendari, se non addirittura dolosamente falsate o artatamente create in epoca successiva. A simili risultati ha portato la severa critica condotta da Jacques Dalarun, in parte criticata, nei confronti di alcune fonti cronachistiche e agiografiche di notevole importanza per la storia religiosa riminese nel Medioevo. Tenendo presenti queste acquisizioni vanno dunque opportunamente inquadrati pioneristici esordi nel riminese dei due principali ordini mendicanti – francescano e domenicano – legati secondo la tradizione alla presenza di Francesco d’Assisi e a personaggi tra i più carismatici della prima generazione dei Minori e dei Predicatori. Se il secondo dato risulta certamente fondato, sia pur proposto in alcuni casi con amplificazioni irreali, il primo non è storicamente dimostrabile, benché venga ancora accreditato sulla scorta dell’annalistica del Wadding e di altre fonti locali dal carattere leggendario. La presenza di un primitivo insediamento a Rimini fondato dal Poverello tra il 1213 e il 1215 cozza del resto con la testimonianza contenuta nella Vita del preposto Aldebrando, secondo la quale il religioso fu spinto verso un’energica predicazione anticlericale in città“perché allora non esistevano gli ordini mendicanti” (J. Dalarun, Santa e Ribelle. Vita di Chiara da Rimini, Roma-Bari 2000, p.73). Quest’ultimo episodio risalirebbe agli anni Venti, vale a dire nello stesso decennio in cui altre fonti agiografiche fissano la presenza a Rimini del secondo santo francescano, Antonio da Padova, anch’esso impegnato in prediche miracolose in funzione antieterodossa. Ben più tangibili, ma anche più tarde, sono le testimonianze circa la presenza in Romagna e nella stessa Rimini del domenicano Pietro da Verona (1249) – san Pietro Martire, il secondo santo dei Predicatori – e forse, se è corretta l’identificazione, di Giovanni da Vicenza, il leader del grande movimento devozionale dell’“Alleluia” (1233), frate che sarà protagonista dell’insediamento dell’ordine in città. Pur se a cavaliere tra leggenda e realtà è indubbio che precursori così illustri abbiano favorito l’affermazione dei rispettivi ordini, determinando verso i frati un immediato e crescente consenso da parte dei fedeli nella città e nella diocesi. La sostanziale omogeneità cronologica dell’insediamento dei Mendicanti entro le mura attorno alla metà del Duecento – il fenomeno a Rimini è più tardo rispetto a quello di altre realtà urbane poste lungo l’asse della via Emilia – non è comunque casuale. Né tantomeno riconducibile alla sola presenza di figure carismatiche».

a cura di Angela De Rubeis