Home Attualita Gaudium et Spes, la Chiesa e il Mondo

Gaudium et Spes, la Chiesa e il Mondo

La costituzione Gaudium et Spes è, nel senso letterale della parola, l’imprevisto del concilio Vaticano II.
Nessuno prima ci aveva pensato, né le commissioni preparatorie avevano approntato una qualche proposta sul rapporto della Chiesa con il mondo moderno. Eppure, a rileggere il discorso di inaugurazione di Giovanni XXIII, sembra che proprio per questo il concilio sia stato radunato, per superare la situazione di un plurisecolare conflitto della Chiesa con la cultura e la società moderna, per aprire strade di dialogo, in modo tale che il messaggio cristiano possa trovare più facilmente porte aperte, se non per accoglierlo nella fede, almeno per ascoltarlo e trarne un qualche beneficio.

Collocazione storica
Il conflitto si era fatto drammatico soprattutto con la rivoluzione francese e il progressivo abbattimento di tutto un sistema, nel quale la Chiesa e il suo magistero costituivano l’istanza suprema della fede di tutta una società, della pubblica moralità, della legislazione e del costume. Il sorgere della democrazia, con il riconoscimento delle cosiddette libertà moderne, la libertà di pensiero, di stampa, di religione, riconosciuta a tutti era sembrata alla Chiesa una sciagura: ne derivava infatti la fine di quella compattezza del vivere civile intorno ad un’unica fede e un’unica morale che aveva caratterizzato più di un millennio di storia. Ebbene, la Gaudium et Dpes ricolloca la Chiesa serenamente all’interno del vivere sociale determinato dalla cultura della modernità, non rinunciando alla proclamazione di ciò che è vero e giusto né alla contestazione delle devianze e dei mali del mondo, ma riconoscendo che solo nella libertà essa può svolgere degnamente la missione che il Signore le ha affidato. (Severino Dianich)

L’uomo nella
”Gaudium et Spes”

A distanza di cinquant’anni, possiamo considerare Gaudium et Spes come un documento aperto, non solo al dialogo con il mondo di allora ma che ha ancora qualcosa da dire e apre la possibilità di vedere meglio le profonde trasformazioni sociali del nostro mondo. Al di là dei grandi mutamenti tecnico-scientifici e socio-politici del nostro tempo è l’uomo stesso ad essere al centro della crisi. La fine dell’umanesimo è la figura non solo della finitezza umana ma della attuale confusione: nessuna epoca ha accumulato così tante conoscenze circa l’uomo quanto la nostra e, tuttavia, nessuna epoca ha saputo meno della nostra cosa sia l’uomo.
Per questo l’interrogativo sull’uomo è divenuto cruciale; per questo è importante che la domanda sulla persona umana non cada nel vuoto. La Gaudium et Spes ha posto l’uomo al centro della sua riflessione di fede, aprendosi in dialogo con il contesto culturale e sociale di tutti. A distanza di tanto tempo, impressiona ancora il suo spirito: la Gaudium et Spes non condanna ma accoglie, non si arrocca ma dialoga. Questa prospettiva non è solo il contrassegno di un’epoca ma è anche il risultato di una forte concentrazione spirituale: a partire dalla fede nella comunione trinitaria e nella realtà dialogica della incarnazione, il testo sviluppa il suo messaggio sulla persona umana. È un messaggio Cristocentrico. Il cuore del messaggio conciliare è quindi Cristo.
Nella luce di Cristo, immagine del Dio invisibile, primogenito di tutte le creature, il concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il mistero dell’uomo (GS 10). Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione (GS 22).
Questa scelta chiarisce la prospettiva conciliare; non basta confrontare il messaggio teologico con quello moderno ed, eventualmente, integrarlo; occorre risalire là dove l’epoca moderna ha considerato la relazione con Cristo una delle tante possibili ed ha compreso la persona sulla base delle generali condizioni della intelligenza e della libertà per riformulare di nuovo e meglio il rapporto dell’uomo con Cristo, rivelazione dell’amore divino.

1. Discernere la condizione
umana (GS 4-10)
Si tratta della ricerca di «quali siano i veri segni della presenza e del disegno di Dio»:
* Il popolo di Dio in cammino e la luce della Dei Verbum.
* Non perdere di vista l’unità e la profondità della persona umana.
* La drammatica esperienza della scissione e la rinascita degli interrogativi.
Questi problemi non possono essere abbandonati al pluralismo e all’individualismo.

2. Cosa pensa la Chiesa dell’uomo? (GS11)
Non si può non notare un imbarazzo ed una timidezza nell’affrontare la problematica antropologica. Nonostante quanto detto prima, il testo non si basa sul discernimento ma sulla presentazione dei dati rivelati e teologici. GS 12 cita solo il Primo Testamento e cioè Sal 8,5-7; Gen 1,27. 31; sviluppa poi la presentazione della persona umana (GS 12-18) secondo la manualistica del tempo, aggiungendovi degli spunti sull’ateismo (GS 19-21) e su Cristo uomo nuovo (GS 22). L’intreccio tra queste diverse parti rimanda ad una storia salvifica a partire dalla quale la separazione tra naturale e soprannaturale andrà ripensata. La relazione con il Dio di Gesù si pone al di là della antitesi tra basar e ruah, tra corpo e spirito, tra questo ed un altro mondo; la vera antitesi è tra creaturale e divino, tra transitorio e definitivo e la fede cristiana ritiene che l’eschaton sia – con Gesù – definitivamente legato all’umano. I dati teologici, poi, riguardano l’uomo immagine di Dio (GS 12), il peccato (GS 13), la costituzione umana (GS 14), la dignità dell’intelletto (GS 15), la coscienza (GS 16), la libertà (GS 17), la morte (GS 18) ed intrecciano il tradizionale De Deo creatore con il giusnaturalismo.

3. La presentazione
dell’ateismo (GS19-21)

Qui l’ateismo non è visto come scelta ideologica, ma come struttura antropologica in grado di mettere sotto accusa il senso della fede nel nostro tempo; in effetti non ci si può non interrogare sul perché la potenza liberante dell’amore sia divenuta per tanti nostri contemporanei il luogo di un moralismo verboso e giuridico, sul perché il vangelo dell’abbà sia stato esiliato fino a diventare la religione di un Dio legislatore e giudice. Privi di spirito polemico, i numeri di GS sono anche numeri datati. Dopo il crollo del comunismo, l’ateismo con cui ci troviamo oggi a dover dialogare è quello che salda insieme la scienza e la cultura dell’Occidente con le tecniche contemplative dell’Oriente in una gnosi stimolante e seducente, che non teme di servirsi degli allucinogeni. Questo ateismo non pone tanto problemi di giustizia quanto questioni spirituali, alimentando evasioni psudo-mistiche. Vi è qui una sfida nuova da affrontare.

. Gesù Cristo
l’uomo nuovo (GS 22)

Il testo sviluppa la tipologia Adamo-Cristo come chiave di lettura della persona. Dopo l’ampio e solenne inizio, il secondo e terzo capoverso presentano la vita umana di Cristo e la sua morte mentre il quarto ed il quinto toccano la vita in Cristo del credente e l’azione del mistero pasquale, comprensivo dell’azione dello Spirito, al di fuori dei confini visibili della comunità cristiana. Un ultimo paragrafo ribadisce la scelta iniziale di presentare l’uomo in Cristo. La piena comprensione della tipologia di partenza non implica solo il rovesciamento del rapporto tra Adamo e Cristo ma comporta pure la necessità di presentare la persona umana in ordine al dono della vita divina e filiale; si giunge così ad abbandonare una comprensione solo filosofica della ”natura umana”.
L’esecuzione di un simile progetto è l’impegno attuale della antropologia teologica.

(4-fine)
(Le quattro schede pubblicate sono a cura dell’Ufficio Pastorale Diocesano)