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Fuori le sbarre, vicino ai carcerati

Sovraffollamento delle strutture, condizioni di vita ai limiti della tollerabilità, carenza del personale: la situazione del sistema carcerario italiano rischia di esplodere. Il clima di tensione che si è creato dietro le sbarre ostacola quelli che sono gli obiettivi della sanzione penale secondo la Costituzione: rieducare, reinserire, riportare il detenuto dentro un contesto civile. I provvedimenti di riforma adottati negli ultimi anni non hanno modificato una realtà che rimane di grave disagio.

“Il malessere che si vive tra le sbarre è ancora più profondo dell’emergenza sovraffollamento” è l’analisi di Giorgio Pieri, dell’équipe carcere dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, e responsabile della Casa Madre del Perdono, realtà di recupero per detenuti attiva dal 2004 nel territorio riminese. “Fuori le Sbarre. Vicino ai detenuti” è il titolo che l’associazione fondata da don Oreste Benzi ha attribuito a questa iniziativa unica nel suo genere: un pellegrinaggio con i detenuti per chiedere aiuto direttamente al Cielo “affinché gli uomini possano trovare soluzioni adeguate”.

Il pellegrinaggio quest’anno cala il poker (è alla quarta edizione), e non solo ritorna in città, con la celebrazione della Messa conclusiva nella chiesa di S. Agostino, ma soprattutto assume decisamente un respiro nazionale coinvolgendo alcuni movimenti e aggregazioni laicali. E non è finita. Sarà presente anche la Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia (CNVG) che coordina la maggioranza dei volontari in carcere (oltre 9.000 all’anno), al fianco dei cappellani a livello nazionale e della Caritas. Qualche nome? Durante il cammino “firmeranno” momenti di riflessione Salvatore Martinez e Marcella Reni (rispettivamente presidente e direttrice del Rinnovamento nello Spirito), insieme a Anna Pia Saccomandi del CNVG, Nicola Boscoletto, presidente della cooperativa Giotto di Padova (spesso presente al Meeting di Rimini) molto attiva nel recupero dei carcerati. E ancora don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane, don Andrea La Regina della Caritas Italiana, e Stefania Tallei della Comunità di Sant’Egidio.
Il cammino prenderà il via dal piazzale della Casa Circondariale di Rimini (che ospita 191 detenuti, di cui 94 stranieri) domenica 28 aprile, alle 14.30, per dirigersi verso Rimini. Strada facendo un sacerdote sarà disponibile per le confessioni. Alle 17.30 – dopo 3 km di marcia – è previsto l’arrivo in Duomo, dove ad attendere il corteo ci sarà il Vescovo di Rimini Francesco Lambiasi. “Pregare per i carcerati è un modo nobile per pregare per i nemici” disse tempo fa il Vescovo.
Si può partecipare all’intero percorso o a una parte di esso. E chi non può mettersi in marcia fisicamente, può partecipare spiritualmente unendosi ai detenuti e alle suore carmelitane del monastero Madonna della Vita di Sogliano al Rubicone, utilizzando la traccia redatta dalle stesse claustrali. Si può formalizzare la partecipazione all’indirizzo pellegrinaggiocarcerati@gmail.com
Contemporaneamente, le monache, “recluse per Amore”, seguiranno la stessa preghiera. “Recluse per amore… perché solo per amore si può scegliere di vivere in un monastero che, per quanto ampio, è sempre un piccolissimo frammento di mondo. – hanno scritto le clarisse di Sogliano appositamente per questa giornata – In comune abbiamo tutte lo stesso desiderio di infinito, di libertà, di voglia di volare oltre ogni limite umano”.
Il pellegrinaggio è un’occasione per “unire simbolicamente chi sta dentro con chi sta fuori”, vissuta attraverso una traccia di preghiera, la recita del Rosario, esperienze a due a due durante il cammino e riflessioni comuni effettuate in orari precisi. Un sacerdote sarà disponibile a confessare durante la marcia. “Fuori le sbarre vicino ai detenuti” è una naturale prosecuzione del cammino intrapreso dalla Casa Madre del Perdono. L’originale metodo educativo sperimentato all’interno poggia su due colonne: la formazione umana e la formazione religiosa. La prima si estrinseca attraverso il diario giornaliero, o meglio il resoconto, uno scritto in cui si raccolgono le emozioni, ci si ferma a pensare, l’incontro in cui ci si esercita a dialogare nella verità, la relazione e la responsabilità. Ma anche attraverso esercizi più duri come la “Tabella di merito”, in cui ciascuno si esprime sul comportamento degli altri compagni. “Il bisogno religioso è molto più alto delle aspettative iniziali” assicura Pieri. E allora prima si cerca di capire cosa dice Dio, e poi si chiede a Dio la forza e la grazia per vivere ciò che Lui vuole. Chi si opente va perdonato. E reinserito. Perché, come diceva don Oreste, “l’uomo non è il suo errore”.

Paolo Guiducci