Home Attualita Finche la barca va, ne approfitterà il turismo?

Finche la barca va, ne approfitterà il turismo?

Da poco più di un mese (la legge regionale è stata approvata lo scorso 25 giugno) pescatori, acquacoltori e imprese del settore ittico possono buttarsi nel mondo del turismo e alternare le loro normali attività di pesca a quelle di accoglienza, ristorazione, vendita di prodotti e iniziative ricreative.
Si parla di imprese ittiche ma anche di materie prime aziendali, ospitalità, escursioni, attività commerciali, somministrazione di pasti e bevande, degustazioni di prodotti aziendali trasformati in prodotti gastronomici e attività ricreative, culturali, didattiche, sociali.
Il leitmotiv dell’attività è promozione della tradizione e dei mestieri legati al mondo del mare. In Emilia Romagna sono 2400 le imprese potenzialmente coinvolte, 600 strettamente legate alla pesca e 1800 legate all’acquacoltura.

Dalla pesca al turismo
Il regolamento è ben strutturato e dettagliato e distingue le diverse attività di pescaturismo, ittiturismo e acquaturismo. Prima di entrare nel dettaglio, possiamo dire che nel caso di pescaturismo si tratta dell’attività di pesca sportiva o l’osservazione della pesca professionale da parte di persone che vengono imbarcate in occasione di un’uscita con lo scopo di diffondere i saperi e i mestieri legati alla pesca.
Nel caso di ittiturismo e acquaturismo, invece, si parla dell’insieme delle attività turistiche, ricreative, didattiche e culturali legate alle attività imprenditoriali di pesca e acquacoltura. In questi casi esiste la possibilità di ospitare sino a 12 persone (anche sulle imbarcazioni o nelle case dei pescatori, in magazzini o in altri immobili che fanno capo all’azienda ittica) e di somministrare del cibo (che può essere cucinato anche nella cucina della casa dell’imprenditore), sino a 24 coperti complessivi nel corso della giornata. Vi è inoltre la possibilità di fornire delle degustazioni e di associarsi in Club d’eccellenza, ossia 3 o più imprese del settore possono unirsi per fornire prodotti o preparare piatti.
Simona Caselli,  assessore regionale Agricoltura e pesca ha dichiarato che: “Con l’approvazione del regolamento abbiamo aggiunto l’ultimo tassello per mettere in condizione le imprese di esercitare attività turistiche legate al mondo della pesca. È un documento che fa chiarezza e facilita la iniziative di ospitalità e ristorazione che possono avere ricadute significative sulle migliaia di imprese del territorio che vivono di attività legate alla pesca. È una grande opportunità per valorizzare le tante risorse di questo settore che sono di grande interesse dal punto di vista turistico e un’occasione di sviluppo economico per l’imprenditoria ittica e per la crescita dell’occupazione”.

Il Regolamento
Ma andiamo a vedere nel dettaglio che cosa dice il Regolamento.
La parte più snella è quella che si riferisce alla pescaturismo, nella quale si parla della possibilità di svolgere diverse attività previa specifica autorizzazione all’imbarco di persone diverse all’equipaggio. Dotati di specifico permesso, i pescaturisti possono fare delle escursioni «in mare, lungo le coste, le lagune, i laghi e i fiumi per la diffusione del patrimonio di conoscenze legate ai mestieri e alle tradizioni della pesca», o svolgere attività di pesca sportiva e ricreativa mediante l’impiego di attrezzi da pesca consentiti. In quest’ambito possono anche essere trasportati dei subacquei. Queste sono attività abbastanza note, già praticate e intraprese anche da imbarcazioni della flotta riminese (soprattutto per quel che riguarda il trasporto di subacquei e le escursioni di pesca sportiva).
La vera novità viene introdotta a partire dall’articolo 6 del Regolamento, quando si comincia a parlare di ittiturismo. Nell’ambito dell’attività di ittiturismo rientrano le attività di ospitalità, attività ricreative, culturali e di tipo didattico, fornitura di beni e servizi, attività volte alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e delle risorse della pesca e, infine, attività volte alla valorizzazione degli aspetti socioculturali del settore ittico.
La parte più succosa è quella legata all’ospitalità che «nelle imprese ittiche di pesca professionale è costituita dall’offerta di pernottamento o alloggio nell’abitazione familiare ovvero in edifici già in disponibilità dell’impresa stessa, organizzati in camere o unità abitative o nelle imbarcazioni armate dall’impresa ittico». Nello specifico l’ospitalità in edifici già in disponibilità dell’impresa o nell’abitazione familiare «è complessivamente ammessa nel limite di dodici posti letto, fatta salva la presenza di eventuali culle o letti aggiuntivi occasionali per bambini di età inferiore ai dodici anni che non rientrano nel suddetto limite». Mentre nel caso di ospitalità a bordo delle imbarcazioni viene richiesto che le sistemazioni destinate ai turisti abbiano le stesse caratteristiche di quelle messe a disposizione dell’equipaggio.
Ci si concentra di più sulla somministrazione e la preparazione del cibo nella parte relativa all’acquaturismo (anche se le attività che possono essere svolte sono le stesse elencate nell’ittiturismo). In questo caso la logica è un po’ quella che sulla terraferma è stata adottata nel caso degli agriturismi con i prodotti cotti e serviti che devono essere prodotti e trasformati direttamente (almeno in percentuale) dall’azienda che accoglie gli ospiti. Anche in questo caso il pesce servito deve essere in parte pescato dall’azienda che accoglie i turisti.
Nel Regolamento si parla di attività di trasformazione (lavorazione, modificazione e conservazione di prodotti ittici) nel rispetto delle norme igienico sanitarie, ma soprattutto di somministrazione di pasti e di bevande. Nello specifico «per la preparazione di pasti e bevande nel numero massimo di dodici coperti, per ciascuno dei due pasti principali, è consentito l’uso della cucina domestica dell’abitazione dell’imprenditore […] tale attività non si configura come pubblico esercizio». Non rientra in questa attività il semplice servizio di offerta di degustazione di prodotti ittici non elaborati gastronomicamente, in quanto tale attività può essere normalmente svolta nell’ambito dell’attività di pesca o di acquacoltura dell’impresa.
Come accennavamo all’inizio la somministrazione di cibo e bevande è possibile solo se c’è disponibilità di materie prime ittiche aziendali. Inoltre le pietanze devono essere espressione delle tradizioni tipiche locali e – come accade nei normali ristoranti – deve essere messo a disposizione di clienti «l’elenco dettagliato dei piatti e delle bevande offerte tramite un menù indicante anche i prezzi praticati, nonché l’elenco delle principali materie prime utilizzate per la preparazione dei cibi».

Varie ed eventuali
In generale tutte le imprese – svolgano esse attività di pescaturismo, ittiturismo e acquaturismo – possono svolgere – attività connesse all’attività prevalente di pesca o acquacultura, purché rispettino il rapporto di connessione con l’attività principale dell’impresa, quindi: trasformazione, manipolazione, cottura e conservazione del pesce e la commercializzazione dei prodotti.

Angela De Rubeis