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Evasione reato, ma anche peccato

Evasione fiscale reato penale, peccato contro la giustizia o male necessario per sostenere l’impresa privata?
La domanda non è di poco conto, soprattutto per chi nella comunità cristiana ha il compito di indicare in qualche modo la via del vangelo. Per questo la Diocesi ha proposto ai sacerdoti un incontro di studio e di confronto con un teologo moralista ed un commercialista. Venerdì 16 marzo in Seminario padre Luigi Lorenzetti e il dottor Marco Cicchetti hanno affrontato la spinosa questione ognuno nella sua diversa prospettiva. Alla fine dell’incontro abbiamo scambiato qualche battuta con padre Luigi Lorenzetti.

Si parla tanto di tasse, ma per molti è diverso il punto di partenza.
“La questione tasse non va considerata a se stante, ma nel contesto del diritto-dovere dello Stato di riconoscere e di promuovere non soltanto i diritti civili, i diritti politici, ma anche i diritti sociali: il diritto all’istruzione, alla salute, alla casa, al salario minimo di disoccupazione e alla pensione. Si tratta di diritti riconosciuti nelle Costituzioni degli Stati moderni.
È evidente che lo Stato non può adempiere ai doveri di solidarietà sociale e alla rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che vi si frappongono se non dispone delle risorse necessarie, alla cui entrata devono contribuire tutti i cittadini, ognuno secondo la propria capacità contributiva”.

Ma oggi lo Stato sociale appare in difficoltà…
“Non si può ignorare che lo Stato sociale, negli ultimi decenni, è entrato in crisi per molteplici cause: invecchiamento della popolazione; alta tecnologia nei servizi, ad es., in campo sanitario; profondi cambiamenti nel lavoro, e anche per inefficienze e sprechi.
Ma alla radice della crisi dello Stato sociale, ci sono cause di natura morale. La caduta del senso della socialità ha prodotto tendenze egoistiche, gonfiando il catalogo dei diritti e delle pretese dei singoli, esaltando l’individualismo e lasciando in ombra i doveri, le relazioni, le responsabilità. Sono venuti meno importanti valori che sono alla base della convivenza, quali la coesione sociale, il senso di appartenenza alla comunità civile e, quindi, la solidarietà che lega gli uni agli altri.
Lo Stato sociale va certamente ripensato, ma non per ridurlo al minimo possibile, come vorrebbe una mentalità liberista, ma per portarlo al massimo possibile, come esige, invece, una mentalità solidarista”.

Lei dunque è contrario alla privatizzazione di certi servizi fondamentali…
“Il ruolo dell’intervento pubblico, nell’ambito dei servizi sociali di base, non può essere rimosso. È, al contrario, necessario. Un recente sondaggio evidenzia che i cittadini italiani (di qualsiasi partito) non sono affatto favorevoli alla riduzione delle tasse, se questo comporta pagare di tasca propria i servizi sociali, di cui hanno bisogno.
In realtà, il taglio delle tasse, che non s’identifica con il taglio dei servizi sociali, è credibile e possibile solo se si contrasta efficacemente l’evasione fiscale, come pure il malcostume morale e giuridico del condono, che è uno dei fattori che incoraggiano l’evasione”.

Venendo alle tasse. Sulla questione la Chiesa per molto tempo ha sostenuto la teoria delle leggi meramente penali. Disubbire ad esse è un illecito penale, ma non un peccato…
“Tale teoria, che ha un suo significato storico, proprio nella difesa dei più poveri, è oggi abbandonata dalla morale cattolica, ma ha contribuito in modo consistente a de-moralizzare la legge fiscale, così che la trasgressione non è avvertita da molti come male morale (peccato), anzi è considerata esercizio di furbizia e di astuzia.
A tutt’oggi, l’avvertimento del concilio Vaticano che disapprova con severità l’evasione fiscale è rimasto abbastanza disatteso. D’altra parte l’avvertimento era chiaro: «Non pochi non si vergognano di evadere, con vari sotterfugi e frodi, alle giuste imposte o agli altri obblighi sociali». Da qui il richiamo all’adempimento dei doveri sociali e, «tra questi ultimi non sarà inutile ricordare il dovere di apportare alla cosa pubblica le prestazioni, materiali e personali, richieste dal bene comune».
Pagare le tasse, nel presupposto che siano giuste ed eque, è un dovere di giustizia che implica il dovere della restituzione alla comunità della somma sottratta. L’evasione fiscale, pertanto, è un furto alla comunità e non già astuzia o furbizia, anche perché a patirne le conseguenze sono le fasce più deboli della società”.

Dunque un forte invito al dovere di pagare le tasse.
“La morale non rende un buon servizio alle coscienze se si limita al dovere. Ricordare il dovere è necessario ma non basta, occorre riscoprire e proporre l’autentico significato in positivo.
Pagare le tasse è esercizio concreto di solidarietà sociale; partecipazione effettiva alla vita della società; modalità e mediazione efficace tra la proprietà privata e la funzione sociale della medesima. In breve, la legislazione fiscale rende praticabile un’equa distribuzione dei beni materiali tra i membri della comunità”.

Di fatto, tuttavia, le tasse continuano a essere percepite non come prezzo della cittadinanza necessario a garantire servizi e tutela ai cittadini. Al contrario, sono percepite per lo più come un balzello, un vincolo da subire al quale si cerca di sottrarsi quando è possibile.
“Per superare tale mentalità e prassi, occorre ricuperare il senso di appartenenza alla comunità e comprendere che il bene personale e il bene della comunità sono interdipendenti, stanno o cadono insieme. Soltanto con questa consapevolezza, il cittadino darà con convinzione il proprio contributo allo scopo di assicurare le condizioni sociali che permettono alle persone e ai gruppi sociali (a cominciare dalla famiglia) di realizzarsi nel modo migliore possibile”.

Come deve cambiare l’atteggiamento dello Stato?
“Spetta allo Stato darsi una legge fiscale giusta ed equa sia per quanto riguarda il reddito del contribuente (tasse dirette) che per i consumi (tasse indirette). Da un punto di vista morale in particolare, si esige che le tasse siano proporzionate alla reale capacità contributiva dei singoli cittadini (e delle imprese) e progressive in corrispondenza al reddito. Inoltre, spetta allo Stato controllare l’osservanza della legge fiscale e, quindi, contrastare l’evasione. Al riguardo vorrei citare l’intervento critico del cardinal Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana del 26 settembre 2011: «L’altro fronte vitale per la nostra democrazia è l’impegno di contrasto all’evasione fiscale. Difficile sottrarsi all’impressione che non tutto sia stato finora messo in campo per rimuovere questo cancro sociale, che sta soffocando l’economia e prosciugando l’affidabilità civile delle classi più abbienti. Il grottesco sistema delle società di comodo che consentono l’abbattimento artificioso dei redditi appare – alla luce dei fatti – non solo indecoroso ma anche insostenibile sotto il profilo etico».

a cura di Giovanni Tonelli