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Epilessia, basta pregiudizi

Ne soffrivano grandi condottieri come Giulio Cesare, Alessandro Magno e Napoleone, il matematico Pitagora, Giovanna D’Arco ma anche Van Gogh, Flaubert, Paganini e Dostoevskij. Tutti ammalati di epilessia, una delle patologie neurologiche più diffuse, che in Italia conta 500mila casi e una crescita annua di 30mila nuovi malati. Ne abbiamo parlato con il dottor Alessandro Ravasio, Direttore dell’U.O. di Neurologia dell’Infermi di Rimini.
Dottore, è vero che, ancor oggi l’epilessia è una malattia che viene guardata con diffidenza?
“Verissimo. Per questa patologia non è mai stato curato l’aspetto informativo-culturale e l’opinione pubblica soffre di scarsa conoscenza in merito. Diffidenza, negatività, pregiudizi o luoghi comuni verso chi ne è affetto sono ancora molto radicati nella cultura popolare; sono i cosiddetti “stigmi” che costituiscono una vera e propria barriera di emarginazione sociale e la causa di questi preconcetti deriva da un antico retaggio del passato in cui l’epilessia era la “malattia sacra” per cui si credeva che gli attacchi epilettici fossero la manifestazione di una potenza occulta. Vero è che, purtroppo, nel malato, i pregiudizi, ancora oggi, possono suscitare disagio, vergogna e sensi di colpa”.
Quindi è una strada in salita per coloro che ne soffrono?
“Sì, spesso il paziente non confida la propria condizione, a meno che non si manifesti”.
Esiste una casistica con rilevamenti sul nostro territorio?
“Verso la fine dell’anno dovrebbe essere pronto un documento Aziendale aggiornato e omnicomprensivo, ma un registro non c’è. Considerando l’epilessia una patologia molto frequente, le statistiche ci indicano una media di circa 5 casi su 1000 abitanti; sui 330mila del territorio rileviamo quindi 1.600/1.700 pazienti. Sono numeri importanti per una patologia cronica, in cui sfortunatamente solo una percentuale minoritaria guarisce. Nella statistica, su 100 epilettici, il 70% circa viene curato bene o abbastanza bene, il 30% però è farmaco resistente per cui occorre valutare il percorso da attuare. All’Infermi abbiamo due percorsi: uno per adulti e uno dedicato all’infanzia. È nei centri di Uband Spoke (di III° Livello come il Bellaria di Bologna dove opera il riminese Roberto Michelucci) che vengono trasferiti sia pazienti con difficile diagnosi sia nel caso in cui si debbano attivare maggiori possibilità di cura”.
Cosa significa accudire, nell’ambito familiare, un malato di epilessia?
“Avere un epilettico in famiglia è vivere quotidianamente una condizione altamente stressante, faticosa ed impegnativa, nella maggior parte dei casi il malato è capace di alterare i ritmi normali della famiglia in cui vive”.
In quale età compaiono le epilessie?
“Possono manifestarsi a qualsiasi età: l’80% compare in età evolutiva: dalla prima età scolare alle medie superiori, mentre un secondo picco si ha nella terza età”.
Come si manifesta l’epilessia?
“Epilessia significa essere sopraffatti, colti di sorpresa; è una malattia che si presenta e si articola in numerose e distinte sindromi, occorre quindi parlare di epilessie che, in comune, hanno il manifestarsi con disturbi transitori ed involontari detti appunto crisi. Una crisi epilettica è un fenomeno improvviso, risultato di una scarica parossistica di una porzione più o meno estesa di neuroni della corteccia cerebrale. Questa può interessare una parte limitata o l’intero cervello, determinare o meno la perdita di contatto con l’ambiente e provocare alterazioni delle percezioni sensoriali o movimenti del corpo. Le crisi più conosciute sono le assenze e quelle con caduta, irrigidimento e crisi convulsive. La persona, terminata la crisi, riacquista, nella generalità dei casi e in diversi intervalli, le precedenti condizioni di vita. La fenomenologia dell’episodio può essere molto varia a seconda della sede e dell’estensione della scarica corticale. Finita la crisi, che di solito ha una durata da 1 a 3/4 minuti, il paziente rimane in uno stato di coma post-critico-confusionale, non riprende subito la vigilanza, però si avvicina alla fase di risoluzione della crisi”.
Quali le cause?
“Possono essere molteplici: può insorgere per malformazioni del cervello e dei suoi vasi sanguigni, a causa di malattie infettive, trauma cranici di notevole gravità (incidenti), malattie infiammatorie dell’encefalo (meningite, encefalite) tumori cerebrali, ictus, malattie cerebrovascolari, morbo di Alzheimer, patologie del feto come lesioni pre-peri natali, traumi da parto oppure complicanze come l’anossia perinatale, ecc. Molti casi di epilessia sono idiopatici, la loro causa è sconosciuta. In alcuni di questi casi ci possono essere precedenti famigliari: un bambino che ha un genitore o un parente stretto affetto da questa malattia ha maggiori probabilità di ammalarsi. Ci sono altri tipi di crisi: le assenze, che possono durare solo pochi secondi. I bambini ne fanno decine, anche centinaia in un giorno; magari a scuola sembrano distratti, poco presenti, un po’ persi; in realtà passano da un incantamento all’altro e qualche volta l’insegnante pensa siano disattenti”.

Laura Carboni Prelati