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Elisabetta Sirani – La pennellata al femminile

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Elisabetta Sirani rappresenta un’importante figura di grande potenza espressiva e tecnica raffinata del Seicento pittorico italiano (qui un’opera del 1664) ma soprattutto del periodo bolognese del disegno. Misteriosamente caduta nell’oblio, la Sirani è stata riportata alla luce anche dagli studi dello storico dell’arte Massimo Pulini che, per il ciclo “I Maestri e il Tempo. Racconti di donna, simboli, radici, destini”, la rassegna organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, ha tratteggiato questa breve ma straordinaria vita. Una esistenza favolosa, di un prodigio del disegno e dell’acquerello, creatrice di un’incredibile quantità di opere, ammirata e contesa da personaggi potenti e illustri nella Bologna dell’epoca. Elisabetta operava nella bottega del padre, l’ultimo capomastro della bottega di Reni, Gian Andrea Sirani. Questa bottega è frequentata anche da Ginevra Cantofoli della quale la Sirani realizza un disegno descrivendola come pittrice. “La Cantofoli, di vent’anni più grande di lei, probabilmente le ha anche fatto da istitutrice” afferma Pulini. In un suo diario la Sirani nomina ogni sua opera, firmandola. “Questa è una cosa singolare per l’epoca – continua Pulini – Ancora non era usanza firmare tutte le opere, ma lei sentiva questa necessità per emanciparsi e distinguersi dal padre, artista comunque molto conosciuto”.
Si discosta infatti subito dallo stile paterno, ricercato e aulico, preferendo un linguaggio più intimo e domestico per esprimere affetto e sentimenti, come nelle numerose opere di piccole e medie dimensioni destinate alla devozione privata, raffiguranti la Madonna con Bambino  o la Sacra Famiglia, dove esprime una religiosità domestica e quotidiana.

Donna pittrice in un’epoca maschile
La città di Bologna nel ’600 è un luogo eccezionale nel contesto europeo dell’epoca, per una insolita concentrazione di donne nel panorama artistico. La Sirani raccoglie attorno a sé un cenacolo di donne, come fosse una sorta di scuola femminile, in anticipo sulle accademie femminili europee fiorite tra Otto e Novecento. A Bologna la Sirani è ben accolta, ma sente comunque il bisogno di dimostrare a tutti quello che è in grado di fare. Disegna in pubblico, mostrando le proprie capacità, fugando così qualsiasi dubbio sul suo operato. Alcuni ancora credevano che una donna non potesse essere in grado di tale maestria e si credeva che fosse il padre a dipingere effettivamente le tele. Già a 26 anni Elisabetta Sirani aveva toccato una fama internazionale, considerata come uno dei massimi pittori d’Europa. Riceveva numerose commissioni dalle corti, dai re e anche dai privati, come la grande nobiltà e i collezionisti più importanti del Vecchio Continente.

Il mistero della morte
La prematura morte, a soli 26 anni, in principio viene considerata da avvelenamento: finisce indagata e messa sotto processo la serva della Sirani. Durante il dibattimento però, si scopre che la causa è un’ulcera perforata, poiché già da tempo Elisabetta aveva dei sintomi che facevano presagire la malattia. Al funerale partecipano in massa. Una celebrazione maestosa, con grandi teli neri adornati d’oro e insegne importanti. Celebrata nella Chiesa di San Domenico di Bologna, alla quale parteciparono grandi esponenti del mondo dell’arte, assistendo alla sua deposizione accanto alla tomba di Guido Reni. Ma la vicenda della morte non è l’unico motivo che la distingue dagli altri artisti.

Pennello e innovazione
All’epoca i disegni venivano prima tracciati con la penna, e poi in seguito acquerellati con china o inchiostro bruno. Questo è sempre ben visibile in ogni disegno perché è più sicuro fare il primo disegno con una punta dura, più controllabile, piuttosto che con un pennello morbido che in qualche modo deve stare sospeso nell’atto del disegno. Quindi una pennellata senza avere tratteggiato prima le figure a penna è di una sicurezza straordinaria, indice di una maestria espressiva oltre che pittorica. Lo storico dell’arte Carlo Cesare Malvasia (1616-1693), dopo averla osservata, afferma che è talmente veloce con il pennello che sembra quasi scherzare e non dipingere. Aggiunge anche che la sua maestria è degna dei più grandi pittori, se non maggiore, perché con un’unica pennellata faceva il disegno preparatorio, il riempimento ma anche l’ombreggiatura. I suoi schizzi preparatori sono ombreggiati da un unico strumento, con il quale crea tutta la macchia di una scena, distintivi di una tecnica che si è poi scoperta in futuro, nel XX secolo. Si sente tanta energia e determinazione in ogni sua lavorazione, anche dove ci sono disegni tenui e opalini, dove la delicatezza traspare dalla decisione del tratto. “Non conosco altri esempi così sistematici di opere che intenzionalmente e stilisticamente vengono portate avanti dall’inizio alla fine segnando così ogni opera come tratto distintivo – conclude Pulini – . Motivo per il quale la pittura femminile bolognese e il cenacolo della Siriani hanno una valenza estremamente innovativa”.

Sara Ceccarelli