Home Ultimaora Elio Morri – “Come Cristo, oltraggiato, vilipeso, disprezzato”

Elio Morri – “Come Cristo, oltraggiato, vilipeso, disprezzato”

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“Elio Morri (1957-2006), uomo mite e gioioso”, queste le parole essenziali scelte sapientemente da Daniele e incise nella lapide esposta sul lato mare della casa di accoglienza “Stella Maris” della Comunità Papa Giovanni XXIII. Sabato 14 maggio, in occasione del X anniversario della morte di Elio, la Comunità ha fatto memoria di uno dei suoi operatori più umili e generosi, che per oltre trent’anni ha donato la sua vita ai più poveri e agli abbandonati. Dopo la celebrazione eucaristica in sua memoria, un piccolo gruppo di amici si è poi ritrovato a “Stella Maris”, ad un centinaio di metri dal luogo dove, nella notte del 16 maggio 2006, mentre percorreva la ciclabile in sella alla sua bicicletta, veniva aggredito e barbaramente trucidato da due giovani romeni ubriachi e in cerca di denaro.
L’inaudita ferocia dell’aggressione su una persona così mite e inerme, unitamente alla sua assurdità, che sembrava ispirarsi a Lo straniero di A. Camus, destò molto clamore per diversi giorni, rimbalzando anche nella cronaca nazionale, per poi dissolversi con le prime giornate di sole di un’estate ormai alle porte, e con un soddisfatto sospiro di sollievo di amministratori e operatori turistici interessati soltanto a rispolverare la “cartolina” della rasserenante e divertente spiaggia di Rimini. In realtà, oltre alla memoria viva di molti amici, la vicenda ha destato negli anni non pochi interessi anche di carattere letterario, diventando motivo di ispirazione e riflessione di diverse ricostruzioni narrative e testimoniali.
Ma le commoventi testimonianze in ricordo di Elio, che si sono susseguite fino alle luci del tramonto, non hanno riconsiderato il contesto politico e sociale di quel momento, le responsabilità di chi avrebbe dovuto vigilare (ricordiamo che questo tragico evento era stato anticipato da gravi aggressioni già nelle settimane e serate precedenti), né tanto meno la tensione delle complesse vicende giudiziarie che portarono poi all’arresto degli aggressori, rei confessi, dopo la raccolta di prove schiaccianti. Anzi, accennando all’assurdità di questo delitto, all’atrocità scatenata contro questo “umile agnello condotto al macello”, proprio in questo anno della Misericordia, si è invocato sui loro artefici la luce di quel Volto. Giustamente, la premura dei pochi amici, delle sorelle e fratelli presenti, che hanno avuto il dono di conoscerlo, apprezzarlo e amarlo, si è concentrata sulla bellezza e unicità della sua persona.
Ancora molto giovane, non appena avviato lo studio universitario in medicina, Elio da convinto nonviolento e antimilitarista ha iniziato il suo servizio di obiettore di coscienza presso la Comunità Papa Giovanni XXIII, al servizio di una giovane coppia di sposi con grave disabilità (Marisa e Giancarlo), accolti presso la canonica ove era parroco don Oreste Benzi. Proprio l’incontro con don Oreste ha trasformato radicalmente la sua vita in esperienza di donazione totale verso gli ultimi, gli “scarti” della società, una scelta intrapresa con passione e libertà interiore, in uno spirito di dedizione e spogliazione incondizionata. Iniziava così un lungo cammino di servizio all’interno delle diverse Case-Famiglie della Comunità nel riminese, ma soprattutto in Toscana, a Fiesole (presso la canonica di Valle), dedicandosi soprattutto all’educazione e all’assistenza di minori con gravi situazioni di malattia o di abbandono, spesso in condizioni materiali e ambientali al limite della sostenibilità fisica e mentale. Un cammino che lo ha portato a condividere anche momenti molto dolorosi, come l’incidente stradale che lo coinvolse insieme a Sandra Sabattini (a lei legato da profonda amicizia), dal quale riportò gravi e permanenti ferite non solo fisiche, ma anche spirituali, soprattutto per il tragico e misterioso evento, che portò alla morte di lei e alla sua sopravvivenza, sebbene posto al suo fianco. Chi lo ha frequentato assiduamente in quegli anni, spesso di così dura prova, mantenendo un rapporto di fraternità e di amicizia, ha potuto sperimentare l’incontro con una persona davvero eccezionale, anzitutto per la messa in atto di quei tratti di radicalità evangelica, di donazione totale, di spogliazione (una vera e propria kenosis dell’io), di pazienza e gratuità assoluta, di mitezza e di gioia. L’insieme di questi rari doni, vissuti con assoluta libertà, rendeva Elio un fratello e un amico davvero “disarmante”. Il suo stesso abbigliamento, spesso così imprevedibile, dimesso e persino lacero, la ricerca quasi ossessiva dell’irrilevanza e del perfetto “nascondimento”, l’infinito “pellegrinare”, nell’estremo sacrificio di sé, e al contempo la sua presenza, rassicurante e gioiosa, lo rendevano simile a un “folle in Cristo” (Jurodivy), una di quelle figure tipiche della spiritualità e santità russa che abitano i romanzi di Dostoevskij (autore da lui molto amato). Di queste figure condivideva la scelta evangelica estrema, tragica, burlesca e paradossale, l’essere umiliato nell’orgoglio umano testimoniando la prossimità spirituale al Cristo oltraggiato, vilipeso, disprezzato dal mondo e proprio per questo beffeggiato e disprezzato da tutti.
Eppure tutto questo conviveva insospettabilmente con una straordinaria curiosità intellettuale e un amore appassionato e profondo per la cultura nelle sue diverse forme. Lettore e divoratore accanito di opere letterarie, filosofiche e teologiche, ma anche raffinato cultore di poesia, di musica, di arte e di cinema, Elio aveva una cultura vastissima e una passione irrefrenabile per la lettura; libri che “divorava”, nei ritagli rubati al riposo, che assimilava, che donava generosamente in ogni occasione e sui quali animava confronti, riflessioni e dialoghi interminabili. Ma in lui non vi era assolutamente nulla di costruito e intellettualistico, bensì soltanto il desiderio sincero e profondo di avvicinarsi alla comprensione della natura abissale dell’umano, alla sua condizione di fragilità, tra cielo e terra; una divorante ricerca della verità e della sapienza evangelica, attraversando anche le sue zone desertiche e paradossali, oltre le sue facili visioni sentimentalistiche e consolatorie.
Avevo conosciuto Elio nella mia prima adolescenza e da quel momento restò l’amico fedele del cuore, dal quale ho ricevuto alcuni dei doni spirituali più preziosi della vita, incarnando per me la natura metafisica del vincolo d’amicizia, vale a dire quella sorta di “consustanzialità anticipata”, di riverbero radioso delle dimore celesti; un’amicizia rara e pura che consiste nel contemplare se stessi attraverso l’amico in Dio, vedersi con gli occhi dell’altro al cospetto di un Terzo. Di questo dono supremo e immeritato rendo grazie a Dio e a te, mio caro amico, nella consapevolezza che nulla di ciò che ci hai donato va perduto, ma continua ad essere reale e a portare i sui frutti.

Natalino Valentini