È tutta una questione di… pelle

    Nel resto del mondo parlano americano, si chiamano scaffold sono sostituti cutanei di origine sintetica e/o biosintetica (cioè formati da una componente di origine umana o animale e una componente sintetica), sono molto costosi e non tutti vendibili in Italia soprattutto quelli di origine umana a causa dei diversi criteri di selezione sul donatore esistenti. Hanno varie applicazioni, come ad esempio l’ambito dermatologico per il trattamento di ulcere cutanee croniche, quelle ferite insomma che non vogliono guarire e l’ambito ortopedico per riparare lesioni della cuffia dei rotatori della spalla ma a differenza dei prodotti a stelle e strisce, si tratta di tessuti umani e non sono farmaci. Avete letto bene: non sono in vendita. La sanità italiana provvederà a fornirli a chi ne ha bisogno. È quanto prevede il brevetto di recentissima formulazione, una scoperta di notevole importanza che porta la firma di una ricercatrice riminesissima. Altro che Dottor House: qui non c’è finzione, ma solo il duro lavoro sul campo, cioè in corsia.
    Elena Bondioli è laureata in Biotecnologie Farmaceutiche (a Modena, nel 2005) e ha la ricerca nel sangue. Ma quando scopre la ricerca applicata alla clinica, i suoi orizzonti si fanno più chiari. Per quasi due anni lavora presso l’Area Science Park, prima come tesista con una tesi sperimentale di ricerca, riguardante i meccanismi di regolazione che portano allo sviluppo dei tumori. Resta a Trieste fino al termine degli studi. Il suo curriculum finisce al Centro Grandi Ustionati di Cesena diretto dal dott. Davide Melandri, un fiore all’occhiello della sanità romagnola. La ricerca non è troppo conseguita in questo ambito, ma ci sono grandi potenzialità per le biotecnologie. La Bondioli ha 29 anni. Il suo interesse è attratto dalla Banca Regionale della Cute dell’Emilia Romagna del Centro Grandi Ustionati: una delle cinque banche italiane accreditate dal Centro Nazionale Trapianti. Come accade per gli organi, anche la cute può essere donata. È considerato un “golden standard”, un salvavita per il grande ustionato: il paziente (in genere il grande ustionato) in seguito la rigetterà. Il primario, il dott. Davide Melandri è seriamente intenzionato a sviluppare la ricerca in questa direzione e in questo orizzonte incontra la passione e la professionalità della Bondioli. La cute come scaffold per la spalla ma anche come “cicatrizzante” delle ulcere cutanee croniche, ovvero le ferite difficili che non si chiudono. A contatto con il reparto e con il paziente, comprendi ciò che è necessario, l’esigenza del malato, spiega la ricercatrice riminese. Perché dunque non studiare la cute? In seguito ad una precisa richiesta da parte degli ortopedici bolognesi nasce così la collaborazione con l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna: l’ortopedia era un campo per me sconosciuto fino ad allora, ammette candidamente la solare Bondioli, occhi grandi come il suo amore per la medicina. Il progetto della giovanissima ricercatrice riminese partecipa ad un bando di ricerca della Regione Basilicata promosso dal Centro Regionale Trapianti, e ottiene un finanziamento.
    La ricerca prosegue. I tessuti di un donatore utilizzati in un ricevente vengono rigettati dal paziente. Quelli sintetici e di origine animale hanno costi alti, troppo alti, e possono spesso dare problemi in alcune persone di biocompatibilità.
    Anche il tessuto umano se utilizzato come tessuto “perenne” in un ricevente può causare problemi, a meno di non eliminare le cellule del tessuto cutaneo originale che sono responsabili del rigetto sul ricevente. Meno di tre anni dopo, l’idea diventa realtà: l’ASL di Cesena, l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna brevettano una tecnica innovativa che consente la rimozione delle cellule che danno rigetto nel tessuto cutaneo umano di donatore che si comporta come un sintetico nell’utilizzo ma ha addirittura una migliore architettura (formano un tappeto che permette alla cartilagine e/o ai tendini di ricostruirsi) ed è totalmente biocompatibile. Gli studi della Bondioli sono in fase di pubblicazione su alcune delle più prestigiose riviste scientifiche. Il valore della scoperta lo richiede. Le applicazioni del brevetto sono notevoli: in campo dermatologico, ortopedico e altro. “E non c’è speculazione.- Assicura la Bondioli – Si tratta di donazioni, e come tali vengono girate ad altri pazienti che ne godono i frutti”. A Cesena, nel settore della ricerca biotecnologica del Centro Grandi Ustionati c’è solo lei a lavorare. “Non posso dimenticare il grosso supporto e la fiducia che in questi anni mi ha sempre dimostrato il mio primario, il dott. Davide Melandri. Inoltre devo ringraziare tutto il Reparto Centro Grandi Ustionati e in particolare i medici dedicati ai prelievi di cute che eseguono i prelievi di tessuto cutaneo in tutta la Regione spesso in orari notturni e festivi e le altre Unità operative che hanno collaborato: Anatomia Patologica, Fisica sanitaria, Laboratorio Analisi e la Medicina Trasfusionale, per non parlare delle attrezzature sofisticate e della grande professionalità messa in campo dai medici e ricercatori del Rizzoli”. Dal brevetto all’utilizzo medico il passo è breve: le autorizzazioni del Centro Nazionale e Regionale Trapianti sono attese a breve. “Non è un farmaco ma nella sua realizzazione sono state seguite tutte le fasi come fosse un farmaco, ed ora arriviamo alla fase clinica con un margine di sicurezza più che adeguato”.
    In attesa di poter sperimentare le prime cure con il brevetto, la Bondioli (che prosegue l’attività con un incarico libero professionale) ha trovato anche il tempo per convolare a nozze. E anche in questo campo ha stupito: non capita spesso di sentire di coppie che salgono all’altare a Tulum (Messico), sposati in Chiesa da un prete cattolico, e per giunta volato appositamente (insieme ad altre 50 persone) per la celebrazione da Santarcangelo. Oggi Elena Bondioli vive a Sant’Ermete quelle poche ore che sottrae all’ospedale. Lavorando con donazioni, spesso si lavora il sabato e la domenica: entro 48 ore infatti il tessuto andrebbe trattato. Una buona notizia arriva proprio dal fronte delle donazioni: sono in aumento quelle di tessuto cutaneo.

    Paolo Guiducci

    Partiamo da un dato di fatto: a Rimini, nel 2007, si sono avuti solo 20 donatori di midollo osseo. Un numero che ci ha fatto indossare la maglia nera in regione. Colpa anche della mancanza di un vero e proprio centro specializzato che costringe i possibili donatori a recarsi a Ravenna o a Bologna. Perché al di là di quello che si può pensare, Rimini ha veramente un cuore grande.
    “La dimostrazione – spiega Edoardo Pinto, presidente di Rimini Ail – è arrivata proprio nei primi mesi del 2008, sull’onda emotiva di una richiesta di aiuto da parte di un bambino che necessitava di un trapianto di midollo, si sono iscritte ben 70 persone”.
    “Proprio per questo – incalza Erio Bagni, presidente regionale dell’associazione donatori di midollo osseo (Admo) – occorre realizzare un centro specializzato all’ospedale Infermi e una sede provinciale. Solo così potremmo sensibilizzare le persone, dobbiamo offrire loro la possibilità di dare una mano concreta alla causa”.
    Anche perché, rispetto al passato, la procedura si è semplificata notevolmente, come sottolinea Pier Paolo Fattori, responsabile del centro Ematologia dell’Infermi.
    “Ormai è quasi come donare il semplice sangue e gli effetti collaterali sono paragonabili a quelli dell’influenza. Quindi, l’invito che rivolgo a tutti i riminesi, è quello di diventare donatori perché veramente potreste salvare tante vite”.

    Romina Balducci