Home Vita della chiesa Domande e risposte: L’Islam non è la prima religione fra gli stranieri

Domande e risposte: L’Islam non è la prima religione fra gli stranieri

Caro direttore. Spesso, anche negli incontri di parrocchia viene sottolineata (non dal sacerdote) la presenza degli immigrati come un’invasione dei musulmani. “Presto l’Europa non sarà più cristiana” affermano. Ma quali sono i numeri reali di questa invasione, che mi sembra venga presa sottogamba anche dal nostro parroco?

Marisa Contini

Cara Marisa, mai prendere sottogamba nulla, ma credo che il tuo parroco sia più informato di chi ascolta slogan ormai desueti. Infatti contrariamente all’opinione comune non stiamo assistendo a nessuna invasione islamica.

Ecco i dati: tra gli stranieri in Italia i cristiani sono la maggioranza (2.742.000, pari al 52,2 per cento del totale) e la componente musulmana ammonta solo a un terzo del totale (1.733.000 fedeli, il 33,0%).

La numerosa presenza di romeni, da diversi anni di gran lunga la prima collettività straniera in Italia con 1,2 milioni di residenti (oltre un quinto del totale), ha rafforzato la componente dei cristiani ortodossi che, con 1 milione e mezzo di fedeli stranieri, supera, tra questi ultimi, i cattolici (meno di 1 milione).

Oggi la Chiesa rumena vanta oltre 200 parrocchie (una anche a Rimini), si distingue per il suo impegno ecumenico e mantiene ottimi rapporti con quella romano-cattolica che, non di rado, mette a disposizione locali e chiese per il culto ortodosso (come accaduto da noi). Il dato è contenuto nel Dossier Statistico Immigrazione 2019 della Caritas.

Dal Rapporto emerge come la presenza evangelica protestante (il 4,4% del totale) sia in diminuzione, rallentata dal sostanziale calo dei flussi provenienti da alcuni paesi.

Quanto ai musulmani, un altro fatto meno noto è che una buona parte proviene dall’Europa balcanica (principalmente albanesi, non particolarmente praticanti) e dall’Africa mediterranea (innanzitutto dal Marocco). “Quello più diffuso in Italia è un islam culturale, alimentato da un remoto richiamo della memoria religiosa del paese d’origine – spiega Paolo Naso, politologo dell’Università Sapienza di Roma e membro del comitato scientifico del Dossier Statistico Immigrazione – che si esprime soprattutto nel digiuno del mese di ramadan e nella partecipazione ad alcuni momenti comunitari.

D’altra parte una comunità così numerosa e variegata non sempre trova guide formate e preparate a rispondere alle domande di dialogo e di presenza pubblica che le istituzioni, la società italiana e le altre comunità di fede pongono all’islam italiano. Spesso, gli imam sono sostanzialmente autodidatti in materia coranica e dottrinale, mentre si fa sempre più urgente la creazione di una scuola ‘italiana’ che formi guide spirituali qualificate e pronte a esercitare quel ruolo di ponte e di mediazione culturale che serve a costruire un islam propriamente europeo”.

Per Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos: l’uso strumentale della religione e dei suoi simboli, all’interno di comizi pubblici, in cui venivano branditi e baciati contro la presunta minaccia di un attacco identitario da parte dei migranti che professano altre religioni, ammanta la xenofobia e l’intolleranza razzista di un devozionismo ideologico che poco ha a che fare con lo spirito di accoglienza, condivisione, dialogo e fratellanza che connota ogni fede autentica”.