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Come disarmare le bad-news

«The Internet is broken», Internet è fallito. Evan Williams, fondatore di Twitter ne è convinto da anni, ma le cose continuano a peggiorare». Facebook usata per trasmettere omicidi; Twitter in preda a orde di troll; la diffusione di «fake news» con modalità e rapidità inedite. «Un tempo pensavo che, se avessimo dato a tutti la possibilità di esprimersi liberamente e scambiarsi idee e informazioni, il mondo sarebbe diventato automaticamente un posto migliore. Mi sbagliavo» (dal Corriere della Sera). Sembra una sentenza e forse lo è, almeno certamente per come viene utilizzato e si finanzia oggi la rete. E questo nei giorni in cui viene a galla la tremenda vicenda del fenomeno social “Blue Whale”, che avrebbe portato al suicidio di oltre 150 adolescenti russi.
In questo contesto molto preoccupante arriva il messaggio del Papa per la giornata delle comunicazioni sociali, un messaggio positivo, ma molto impegnativo sia per chi opera nei media, sia per chi vive una qualunque funzione educativa.
Il punto di partenza del messaggio consiste nel porre l’attenzione sulla tendenza, largamente diffusa, a dare risalto e visibilità alle “cattive notizie”, a informazioni incentrate su aspetti negativi dell’esistenza, in grado di produrre nell’uomo un impatto profondo sul piano emotivo, contribuendo a generare spesso sentimenti di paura e di angoscia, ma anche di assuefazione al male. Ma attenzione. Il Papa non è semplicemente interessato a proporre notizie positive, quanto piuttosto preoccupato di rifiutare la logica ampiamente diffusa della spettacolarizzazione del dramma e della sofferenza, oggi tanto alimentata perfino dalle piccole reti locali in competizione fra loro nel tentativo di dare per primi le notizie, senza preoccuparsi di cosa provocano e se sono vere. Per questo una notizia non viene definita cattiva poiché testimonia di eventi negativi quanto piuttosto perché alimenta l’insorgere o il rafforzamento di pregiudizi verso l’altro che non hanno fondamento, cancellando il valore della “cultura dell’incontro” che i processi della comunicazione possono invece contribuire ad alimentare. Per questo il Papa insiste nel compito dei media di offrire una prospettiva non stereotipata sugli eventi, aprendo a forme di testimonianza dell’esistenza che riconoscano sempre il valore della speranza, della fiducia. In questo senso la “buona notizia” non si risolve banalmente nel racconto di eventi positivi ma nasce piuttosto in primo luogo dalla scelta (di chi scrive e di chi legge) di non riconoscere il ruolo di protagonista del racconto dell’informazione esclusivamente al male, ma ad una prospettiva di speranza.

Giovanni Tonelli