Home Attualita “Diciamo basta agli sprechi produttivi”

“Diciamo basta agli sprechi produttivi”

La crescita del Prodotto Interno Lordo nazionale (PIL) non rispecchia una crescita del benessere effettivo della popolazione. Al contrario, l’aumento della produzione di merci può anche portare al deterioramento delle condizioni della vita delle persone nonché dell’ambiente circostante. È il concetto chiave del Movimento per la Decrescita Felice, nato in Italia nei primi anni 2000.

La storia del Movimento. Nel 2007 si concretizza formalmente in un’associazione fondata dal professor Maurizio Pallante, laureato in Lettere, che per anni ha insegnato e svolto attività di ricerca sui temi dell’impiego della tecnologia nel rispetto dell’ambiente e del risparmio energetico. Il Movimento trae ispirazione dalle idee dell’economista francese Serge Lautouche e dal concetto di decrescita del fondatore della bioeconomia Nicolas Georgescu-Roegen e parte dal presupposto che spesso la crescita del Prodotto Interno Lordo nazionale (PIL) non rispecchi di fatto una crescita del benessere effettivo della popolazione. Da qui nasce l’attenzione del Movimento verso la promozione sociale di uno stile di vita volto alla riduzione degli sprechi, sensibile alle regole di salvaguardia dell’ecologia e del risparmio di energia.

L’incontro. Proprio di questi temi si è parlato al teatro “Il Lavatoio” di Santarcangelo, alla presenza di Pallante.

Professore, l’obiettivo del Movimento è quello di smontare un assioma portante dell’economia globale: quello che alla crescita della produzione coincida una crescita del benessere.
“Il Prodotto Interno Lordo misura la crescita delle merci, non la crescita dei beni effettivi. Questo processo di crescita ha preso piede in Italia verso la metà del secolo scorso, durante gli anni del boom economico. L’accento è posto sulle pesanti conseguenze che l’aumento della produzione di merci ha sull’ambiente naturale. In Italia vi è un consumo sconsiderato di risorse non rinnovabili. La nostra nazione è solo una piccola pedina interna ad una strategia economica globale che ha le sue radici nel XIX secolo e vede nella crescita produttiva il suo obiettivo. Il perdurare di questa tradizione sarebbe la principale causa dell’attuale crisi economica”.

Alla luce dell’attuale situazione, quali risultati pensate di raggiungere?
“Il desiderio del Movimento per la Decrescita Felice è quello di riuscire a sfondare l’indifferenza di massa, dimostrando come solo una decisiva inversione di rotta possa arginare la crisi e portare un aumento dell’occupazione. Per decrescita si intende una diminuzione selettiva, coscienziosa del Pil: un criterio volto a diminuire gli sprechi, cioè quella parte di merce prodotta che in realtà contrasta il benessere. Questo si scontra con la politica economica attuata dalle grandi industrie multinazionali, i pilastri del sistema globale, che sull’aumento vertiginoso della produzione fondano la propria grandezza”.

Che legami ha il Movimento con la realtà politica nazionale? Ci sono partiti in linea con la vostra idea?
“Bisogna ammettere che il Movimento fatica a trovare legami coi principali partiti che dominano lo scenario politico italiano poiché essi appoggiano, nei loro programmi, le tradizionali linee politiche che hanno come obiettivo la crescita economica”.

Quali, invece, possono essere i potenziali interlocutori del Movimento di Decrescita Felice?
“Le piccole e medie imprese del nostro territorio (oggi schiacciate dalle multinazionali). Possiamo citare come destinatario del nostro messaggio anche il fitto tessuto di realtà che popolano il mondo del no profit e l’associazionismo cattolico. Decisivo peso e rilievo assumono poi le singole scelte quotidiane attuate da ogni cittadino, il fatto che seguano un criterio etico di salvaguardia dell’ambiente e contrasto agli sprechi. Queste realtà sociali, muovendosi in armonia con i principi di Decrescita Felice, hanno il potere di ribaltare l’attuale stato di crisi e di fare ripartire il lavoro. L’auspicio è quello di giungere ad una rilocalizzazione della produzione, in opposizione all’attuale globalizzazione”.

Giacomo Vaccari