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Dal campo al Parlamento

Spigolature a aneddoti. É questo il sottotitolo di Dal Campo al Parlamento. Libro di memorie di Armando Foschi, che arrivato agli ottantanni, ha voluto consegnare al futuro, nero su bianco, le vicende che hanno attraversato, caratterizzandola come poche, la sua vita. Il testo edito da ilPonte parte dalle origini, ripercorrendo (in modo mai stucchevole) una vicenda personale che si intreccia inevitabilmente con la storia di una città (Rimini) e dell’Italia intera. È lo stesso Foschi nella presentazione, a spiegare ai suoi lettori il perchè della pubblicazione: “A casa insistevano. Mia moglie e i miei quattro figli (ciascuno a modo suo), da tempo mi andavano ripetendo lo stesso consiglio: “Metti per iscritto la tua vicenda personale”. Un’idea per la verità che coltivavo da tempo, ma senza mai riuscire a realizzarla. Mi pareva un’impresa improba, e per almeno tre motivi. Intanto l’impegno non trascurabile di mettere nero su bianco “le mie stagioni”. Poi per le perplessità insite a una possibile interpretazione di protagonismo postumo. Da ultimo, per l’opportunità o meno di partecipare una realtà personale come la famiglia anche ad altre persone, non direttamente coinvolte nella schiera degli affetti. Scoccata la scintilla degli ottanta anni, mi sono convinto che era bene lasciare queste memorie, questo “fritto misto” di aneddoti, ricordi e memorie in parte di natura pubblica, in parte attinente al ristretto ambito familiare. Posto il quesito a Giovanni Tonelli, il direttore de il Ponte mi ha incoraggiato con una sola battuta: “Ma il fritto misto è buono!”.

Piergiorgio Grassi Professore ordinario di Filosofia delle religioni presso l’Università degli Studi di Urbino e
direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Italo Mancini”, presso la stessa Università ha regalato ai lettori una preziosa prefazione, che presentiamo integralmente

Non si tratta solo di spigolature e aneddoti, come recita il sottotitolo di questo libro di memorie di Armando Foschi. È possibile infatti individuare un filo conduttore che lega tra loro autobiografia, storia del territorio e storia nazionale. Le pagine ci offrono un quadro vivido della generazione di cattolici (e non cattolici) che hanno operato nel secondo dopoguerra del secolo scorso, dando un’impronta particolare a quelle fasi che sono state chiamate convenzionalmente “periodo della ricostruzione”, “del boom economico”, sino alla crisi, che è iniziata a serpeggiare negli anni Settanta ed è emersa in piena evidenza nell’ultimo scorcio del secolo scorso, con la scomparsa dei partiti della prima repubblica nel crogiolo di tangentopoli, con la necessità ineludibile di ridefinire i termini della nostra convivenza. Una storia che non si è liberata dei suoi contrasti e delle sue contraddizioni e che sembra anzi celebrare in questi anni l’alternarsi di speranze e di cocenti delusioni. Possiamo dunque leggere questo libro sotto diversi registri: è l’autobiografia di un giovane di origini contadine che attraverso l’impegno associativo nelle organizzazioni cattoliche (l’Azione Cattolica è stato un grande ambito formativo, un filtro di futuri dirigenti politici e sindacali), attraverso l’impegno sindacale e l’impegno politico giunge a varcare la soglia del Senato cercando di dare forma e sostanza agli ideali di cui si era imbevuto. Ma questa storia individuale ci fa incontrare il mondo contadino del secondo dopoguerra, le difficoltà e le attese che lo attraversavano (quante migliaia in piazza a Coriano quando Benigno Zaccagnini venne a presentare la legge che estendeva la pensione ai contadini!), una quotidianità di duro lavoro, di tesi rapporti con i proprietari, di difficoltà incontrate per dare una vita dignitosa ai figli. E poi l’incontro con personaggi, uomini e donne, che hanno affrontato le congiunture con indomito coraggio. Soprattutto le donne, razze di “azdore” che hanno saputo reggere le famiglie, tenerle unite, costituire un punto di riferimento anche quando la diaspora verso le città della costa è divenuta incontenibile. Il boom economico svuotava i paesi delle colline, i giovani più intraprendenti prendevano le vie della città e portavano il loro contributo alla crescita di un’economia che non era fatta solo di turismo, ma anche di servizi, di piccola e media industria. Il mondo contadino non era il regno idilliaco della concordia e della pace sociale. Le lotte per il superamento della mezzadria e per l’emancipazione delle persone mettevano a confronto visioni del mondo e prassi tra loro differenziate. Il mondo delle campagne vedeva una consistente maggioranza a sostegno dei partiti della sinistra, mentre le organizzazioni di ispirazione cristiana e il partito di ispirazione cristiana, si comportavano da minoranze particolarmente intense e attive. Foschi vive nella competizione tra le organizzazioni sindacali e tra esse e i proprietari. Emblematico il caso della trebbiatrice tratteggiato con rapidi cenni: il cartello dei proprietari delle trebbie che fissavano tariffe e calendari, l’acquisto di una trebbiatrice da parte della Federmezzadri per contrastare questa logica, le discriminazioni di carattere politico che ne seguono, fino all’impegno per l’acquisto avventuroso di un’altra trebbiatrice, questa volta decisamente “bianca”, da parte della cooperativa intitolata a S. Sebastiano.

L’impegno politico
Foschi continuerà il suo impegno di sindacalista nella Repubblica di S. Marino e porterà un forte contributo alla crescita della cooperazione romagnola. E poi le battaglie politiche in Consiglio comunale, a Coriano e a Rimini, in quello provinciale, a Forlì, poi al Parlamento, nella settima legislatura e in quelle successive, e infine la direzione nazionale dell’Enit, e i viaggi attraverso il mondo, a contatto con le questioni più brucianti e attuali. Con rapide e precise pennellate emergono personaggi decisivi nella storia del nostro paese, da Zaccagnini, così presente nel contesto romagnolo, a Fanfani, ad Aldo Moro (sono molto rievocative, ancora pervase di dolore e di ansia, le pagine dedicate al rapimento e ai tragici giorni della prigionia), a Donat Cattin, a Marcora, a Ciriaco De Mita… Ma nelle pagine di Foschi sfilano anche i personaggi della politica, della religione, della cultura che hanno animato la vita della nostra città e del nostro circondario.

Il ricordo di don Ferruccio Zamagni
Non poteva mancare, e a lui viene dato il giusto rilievo, la figura di un sacerdote singolare, don Ferruccio Zamagni, parroco di S. Andrea in Besanigo, “un prete dall’aspetto anche poco elegante, con la tonaca lisa e le scarpe grosse anche d’estate, non molto sciolto nell’approccio con le persone…che, se non brillava nei colloqui possedeva, accanto ad una fede salda, idee in grande, coordinate in un progetto di pastorale sociale, con il pregio di proporre uomini e strumenti per la sua realizzazione”.
Nel riportare in primo piano momenti e figure di una storia che ci appartiene non c’è nostalgia, non c’è risentimento, non c’è polemica. La concezione della politica di Foschi è costituita dalla valutazione razionale del possibile e dalla sofferenza per l’impossibile: impossibile superare tutte le ingiustizie, impossibile realizzare una società interamente pacificata, impossibile asciugare tutte le lacrime e tutte le sofferenze del mondo. Eppure, ci ripete Foschi, se la politica non è salvifica di per sé, nei giorni della storia bisogna lottare come si conviene perché la terra sia alleggerita e la dignità di ogni uomo sia affermata, nell’attesa di un futuro radicalmente diverso, quello di cui la fede ci parla alimentando la nostra speranza. La dignità dell’uomo va garantita in tutti i contesti in cui vive e opera. A cominciare dalla famiglia.

Il ruolo della famiglia
Non è un caso che questa storia inizi con il racconto della famiglia di origine a Coriano e si concluda parlando della famiglia attuale, dei figli e dei nipoti. La famiglia come realtà umana e umanizzante, ricca di affetti e di esempi, capace di spingere le persone a misurarsi con i problemi del mondo. Dopo tanto viaggiare e lavorare, giunto il tempo dei bilanci, Foschi si chiede se potendo tornare indietro, al nastro di partenza, rifarebbe lo stesso percorso di lavoro e di attività. La risposta è positiva: è valsa davvero la pena cercare di dare tutto in questi ambiti. Con una postilla, “riservando più attenzione agli affetti familiari, poiché, se serbo un cruccio, è proprio questo”. Sarebbe davvero interessante se Foschi, profittando di queste stagioni di minore impegno esterno, continuasse a estrarre dalla memoria, prodigiosamente viva e precisa, e dai documenti accumulati nel suo archivio, altre spigolature e aneddoti per restituirci il sapore di una lunga storia condivisa, quella di molti cattolici che, dopo la grande gelata del fascismo e la terribile guerra vissuta sulla Linea gotica, hanno operato tenendo viva la speranza di una democrazia più piena, per il millennio che si è appena aperto. Testimoniando la sua fedeltà operosa alla famiglia, allo Stato, alla Chiesa, senza tacere sui problemi aperti, Foschi consegna il testimone alle nuove generazioni di credenti perché continuino a lottare per una democrazia compiuta. La democrazia non è autosufficiente. Per approfondire e recuperare il suo tessuto etico di base ha bisogno più che mai anche di un’anima religiosa.