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Da vittime a complici

Pubblicato il secondo report sulle mafie in Emilia Romagna targato Alma Mater. L’Università di Bologna, infatti, nell’ambito del corso Mafia e Antimafia in un progetto di studio congiunto che coinvolge le facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche, ha tirato fuori dal cilindro un documento di 60 pagine che – con tutti i limiti del caso – propone un interessante panoramica non solo sulla presenza delle mafie in Emilia Romagna, ma sulla presenza delle mafie straniere in Emilia Romagna. Albanese, rumena, nordafricana, sudamericana, cinese. La Provincia di Rimini in questo assurdo “Risiko” della criminalità conquista la Romania. Controllo della prostituzione, reati contro il patrimonio, furti in villa, furti in appartamento e furti di autovetture. La prostituzione è in prima linea. Lo scorso anno, nell’ambito dell’Operazione “All In” 17 i rumeni arrestati per sfruttamento della prostituzione. Un’operazione che prendeva origine dal sequestro di una prostituta, minorenne, romena, lungo la SS 309, Romea. Tre i connazionali che l’avevano prelevata e condotta in provincia di Brescia. Sequestro che si è risolto in poco più di un giorno e che ha portato alla liberazione della ragazza e all’arresto di due rapitori. Che a Rimini la prostituzione sia targata Romania non è una gran novità (leggi l’approfondimento a pag 3). Operazioni delle forze dell’ordine e arresti sfiorano il comico con la scoperta di personaggi che avevano il ruolo di educare le ragazze all’adescaggio oltre ad insegnare loro come vestirsi o truccarsi.
Chiuso il capitolo mafie straniere si cerca di capire che cosa succede dentro i confini nazionali. Qui le cose non cambiano. Soliti nomi, soliti affari. Se non fosse che l’atteggiamento di chi scrive è più maturo rispetto alla questione infiltrazione. Tendenzialmente stampa e politica hanno affrontato il discorso dal punto di vista delle vittime. I giovani universitari di Bologna, invece, si sganciano dal personaggio di “regione colpita” riproponendo quello di “regione complice”. Si sottolinea la responsabilità dell’imprenditoria e di quella parte di “Amministrazione pubblica che non sempre solo subisce, ma che spesso, ahimè ha parte attiva in queste dinamiche. La prospettiva da analizzare è quella dello scambio di servizi”. Quello che si instaura è, dunque, un sistema di scambio di servizi: da un parte si colloca la criminalità che offre denaro, lavori a basso costo e pacchetti voti; dall’altra si colloca chi è a caccia di liquidità, chi è disposto a prendere denaro e voti senza fare troppe domande “ne emerge un intreccio di attività illegali, riciclaggio, usura, corruzioni”. È uno di quei giochi nei quali vincono tutti. Il denaro malavitoso, infatti, non ha lo stesso valore della moneta corrente. Vale meno perché si muove solo dentro i circuiti dei mercati illegali. Può definirsi “denaro in potenza”, potenza che diviene effettiva quando il flusso di soldi entra a far parte del circuito legale. È qui, con l’intreccio di attività che segnala il Report, che questo denaro si potenzia.

Angela De Rubeis