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Da passatempo a dipendenza

Passatempi apparentemente innocui come navigare su internet, giocare una schedina, fare shopping, che ad un certo punto, però, si trasformano in qualcosa di cui non si può più fare a meno. Si chiamano New Addictions e sono le nuove malattie del mondo occidentale contemporaneo.
Le moderne tecnologie, il lavoro, lo shopping, il cellulare, le mail, perfino il sesso e i sentimenti possono creare dipendenza e i rischi maggiori li corre chi fatica ad instaurare relazioni importanti.
Se ne è parlato nel convegno Da passatempo a dipendenza, organizzato dalla Provincia di Rimini, a cui hanno partecipato i maggiori esperti in materia.
Che si tratti di internet, gioco d’azzardo, shopping o amore, alla base ci sarebbe una personalità ossessivo-compulsiva e grandi vuoti emotivi: un’incapacità di fondo di esprimere emozioni chiamata “alessitimia”.
Vuoti che impongono alla persona di cercare un riempitivo, qualcosa che colmi la mancanza d’affetto o di stima per se stessi. Del resto la realtà che ci circonda oggi sembra essere l’humus adatto per farle nascere. Alcuni comportamenti, infatti, non solo sono approvati dal contesto sociale in cui viviamo ma addirittura incentivati: è il caso della dipendenza da troppo lavoro o di quella da internet.

Malati di lavoro
“La persona alessitimica è portata a ricercare forme additive per esprimere le emozioni – spiega il dottor Gioachino Lavanco, professore ordinario di Psicologia di Comunità presso l’Università degli Studi di Palermo e presidente di Alea (Associazione per lo studio del gioco d’azzardo e dei comportamenti a rischio) – alla base di ogni dipendenza c’è un dilagare del principio di piacere che diventa fondamentale e determina la ricerca di relazioni che non siano dolorose”.
Come può essere, ad esempio, quella con un cellulare o con un computer. Se in genere si tratta di dipendenza psicologica associata a stati di disagio interiore, esiste anche un tipo di dipendenza in grado di portare a morte: è la Work Addiction, la dipendenza dal lavoro. È detta anche “dipendenza ben vestita” ed è in genere confusa con un atteggiamento irreprensibile sul lavoro e pertanto incoraggiata dalla società. Questi soggetti hanno una tendenza ossessiva a occuparsi del proprio lavoro trascurando affetti, hobby, amici, relazioni fino all’impoverimento della sfera relazionale e all’isolamento. I livelli di ansia e di apprensione sono talmente elevati da indurre eccessivi livelli di adrenalina nel sangue, responsabili a lungo andare di ipertensione, infarti e ictus. Paradossalmente, i “malati di lavoro” rischiano alla fine il licenziamento a causa di un calo di concentrazione e rendimento conseguenti ad affaticamento eccessivo e a livelli di stress costantemente oltre il livello di guardia. Non pensate che ne siano affetti solo manager e imprenditori: ne soffrono allo stesso modo anche casalinghe ossessionate dalla pulizia e disoccupati.

Il gioco
“Il gioco fa parte della vita – afferma Mauro Croce, Direttore della struttura Educazione Sanitaria docente alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana – il suo fascino deriva dalla combinazione tra 4 elementi: competizione, travestimento, casualità e vertigine. Il poker, ad esempio, è estremamente affascinante proprio perché presenta tutte e 4 le componenti insieme”.
Rispetto a qualche anno fa, però, il gioco ha cessato di avere una funzione ludica per assumere una funzione compensativa: si gioca per vincere l’incertezza del futuro, per riscattare in qualche modo una vita che non soddisfa. E si finisce col rifugiarsi nel gioco come un mondo diverso dalla realtà, emozionante e pieno di speranze. Il fenomeno ha dimensioni preoccupanti: il mercato del gioco riguarda il 4.5% del Pil italiano e sorprendentemente a giocare di più sono persone di ceto sociale medio basso. Che, naturalmente, si indebitano molto facilmente. I costi sociali, come si può intuire sono enormi e la prima a pagarli, ancora una volta, è la famiglia, costretta a subire i comportamenti compulsivi del giocatore che non riesce a fermarsi nemmeno di fronte alla prospettiva di ridurre sul lastrico i propri figli.
“Sono i parenti di solito i primi ad accorgersi che qualcosa non va e a chiedere aiuto” spiega il dottor Cesare Guerreschi psicoterapeuta, fondatore e Presidente della S.I.I.Pa.C (Società Italiana di Intervento sulle Patologie Compulsive), prima struttura in Italia sorta nel 1999 per occuparsi specificamente del Gioco d’Azzardo Patologico.

Attenzione a internet
“Internet è uno strumento molto utile, ma c’è bisogno di un uso responsabile, altrimenti si rischia la dipendenza patologica dalla rete” riprende il dottor Guerreschi. Il disturbo si manifesta con l’incapacità di controllare l’accesso alla rete, che diviene ineludibile e sempre più frequente e più lungo: il soggetto si ritrova incollato al computer per ore ed ore, fino a perdere la cognizione del tempo, a dimenticare perfino di dormire e di mangiare. E nel momento in cui cerca di resistere alla tentazione di collegarsi ad internet, sopraggiungono crisi di astinenza con ansia tremori, pensieri ossessivi focalizzati, stato di agitazione psicomotoria.
Sintomi, insomma, del tutto analoghi a quelli di una crisi d’astinenza da sostanze psicotrope.
“E al pari di una dipendenza da sostanze – conclude Guerreschi – per guarire occorrono veri e propri programmi di disintossicazione”.

Romina Balducci