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Chiesa in ascolto: la parola ai giovani

Il primo step del cammino per l’assemblea diocesana su/con/per i giovani ha avuto inizio il 9 marzo con l’incontro del Vicariato Urbano nella parrocchia di San Raffaele organizzato da don Eugenio, Giulia e Lucia.

Sabato pomeriggio il salone interrato è stato il luogo di ritrovo per giovani provenienti da parrocchie della città e appartenenti a gruppi diversi (scout, Azione Cattolica, il gruppo giovani di san Giuseppe al porto, gli universitari, qualcuno del coro diocesano, preti, seminaristi). Un luogo di ascolto e di scambio che ha reso possibile il dialogo tra persone, tra cattolici, su quello che noi, giovani, sentiamo importante oggi. E tra tutti i giovani sedeva il Vescovo, mimetizzato tra il pubblico, colui che ha formulato l’invito per noi, per ascoltare cosa avevamo da dire.

Per iniziare
Dopo aver pregato con un video, ascoltando un commento al Vangelo dei discepoli di Emmaus, sono stati proiettati filmati con interviste che riguardavano alcune esperienze esistenti nel nostro territorio e che mostravano una comunione funzionante tra la Chiesa e i giovani. Tra queste casa Koinè, a Regina Pacis, aperta per esperienze di vita comunitaria ai gruppi giovani, e la messa giovani che si tiene ogni mercoledì sera a San Giuliano. Sono iniziative che hanno il sapore di quotidianità, di accoglienza. A seguire l’intervista a un seminarista e quella a un tecnico informatico del Liceo Einstein. Ci hanno parlato entrambi della vocazione e della bellezza dei giovani, del bisogno di qualcuno che mostri loro la strada, senza dargli niente di prefabbricato.

Poi una mini intervista live con tre persone coinvolte: Michele, un professore, Federico, un capo scout, e Luca, un educatore di Azione Cattolica. La domanda era una sola: scegli una parola che descriva i giovani di oggi. Le tre parole: sushi, opportunità e liberi. Apparentemente slegate tra loro, dopo la spiegazione si sono rivelate intrecciate: tutte e tre volevano esprimere la voglia di mettersi in gioco, l’opportunità chiesta agli adulti di fare, di sbagliare e di poter trovare il proprio modo, che forse è diverso da quello della tradizione, da quello dei grandi, e la libertà dell’essere giovani, la sensazione di grandezza e che esistano infinite possibilità, il saper vedere soluzioni dove altri non le trovano.

I world cafè
Dopo aver sentito parlare i grandi, dopo aver sentito le proposte che esistono all’interno del vicariato, è arrivato il momento di alzarsi, fisicamente, in piedi e girare per tavoli tematici. Spizzicando qualcosa da mangiare tutti ci siamo avventurati tra queste isole che riguardavano quattro macroaree: il mondo, me stesso, la fede, gli altri. C’era un moderatore a ogni area, ma soprattutto pennarelli con cui scrivere.

Scrivere cosa? Quello di cui, noi giovani, sentiamo il bisogno di parlare. Quello che vogliamo portare all’attenzione della Chiesa e degli altri. Quello che pensiamo sia importante. Quello che vorremmo cambiare. Tutto questo con intenzione propositiva: scrivo per favorire un passo in avanti, non per lamentarmi. La polemica è stata bandita dai tavoli. In aggiunta due cartelloni “bonus” con due domande: “Di cosa si parla troppo?” e “Di cosa non si parla abbastanza?”. Le regole per i world cafè erano poche: il mettersi in gioco, la condivisione e la sincerità.

A conclusione
L’intervento del Vescovo, che ha raccolto qualche parola da ogni tavolo. “Non solo ascolto e ricevo ciò che avete scritto e detto” dice, “ma lo prendo in mano per usarlo perché è materia preziosa”. “E vi invito – aggiunge – ognuno di voi a condividere anche solo con una persona che oggi non era presente quanto abbiamo fatto, quanto ha vissuto perché possa arrivare veramente a tutti”.
Simbolicamente le tovaglie sono state consegnate al Vescovo per diventare materiale ad uso del Comitato promotore dell’Assemblea insieme a tutto ciò che emergerà dagli incontri degli altri vicariati.

La bellezza
La bellezza di vedere tante persone farsi strada con piattini ricolmi in mano e fermarsi a scrivere sulle tovaglie, a rispondere alle domande dei moderatori o di altri che volevano saperne di più, che erano incuriositi da quello che c’era da dire. La bellezza di notare il coinvolgimento di ognuno, i sorrisi, i dubbi, i “io non ho niente da dire” eppure rimanere lo stesso per ascoltare una parola dagli altri. La bellezza dello spazio e del tempo lasciato completamente a loro e l’orgoglio di vedere in che dono lo hanno trasformato.

Lucia Zoffoli