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C’è (sempre) più bisogno di padri

Papà-e-figlio
Non è sempre facile, oggi, parlare di paternità. Anche in condizioni “normali”. Tanti problemi, poi, dalle famiglie disgregate agli impegni di lavoro sempre più assorbenti, alla fatica di far quadrare i bilanci, rendono difficile un sereno e costruttivo rapporto tra padri e figli. E la figura del padre sta vivendo perlomeno un momento di grande confusione. Ma i padri sono indispensabili per affrontare il mondo. Ne è convinta Simona Battarra, riccionese di 42 anni, psicologa: opera presso il Centro L’Arco di Rimini e sta lavorando dallo scorso anno sul tema dei ruoli che contano: materno e paterno; anche in altri ambiti oltre a quello familiare ( a scuola e nei contesti di separazione).

Battarra, è così difficile essere padri?
“L’attenzione nei confronti del ruolo paterno ha subìto uno scatto in avanti negli ultimi decenni. Basti pensare alla recentissima letteratura su un evento considerato totale «proprietà» della donna come la maternità e il parto.
Sono in atto grandi cambiamenti. Da una società patriarcale, definita da ruoli molto rigidi e definiti (il padre simbolo della norma, la mamma della dolcezza), siamo passati ad un contesto nel quale il sostegno e la condivisione delle responsabilità sono più appannaggio di entrambi i genitori. L’ingresso della donna nel mondo del lavoro, dal dopoguerra, ha accelerato questo processo, che ha conseguenze importanti anche per il ruolo del padre”.

I cui “contorni” oggi sono meno rigidi e più segnati dall’apertura. Positivo?
“C’è un recupero del bisogno di vicinanza e di contatto. Il padre si occupa anche delle funzioni primarie del bambino, e senza vergognarsene, anzi con la gioia di stare vicino al figlio, di giocare con lui, di seguirlo nella crescita, anche con il contatto fisico. Per questo oggi si parla di «padre materno», definizione che veicola elementi positivi e di riconquista, se inserita nel giusto contesto”.

Lamentiamo l’assenza e la figura di padri, e Lei ci dipinge un padre “tenerone”?
“Nella paternità entrano in gioco fattori molteplici. Ciò che fa davvero problema è questa tendenza – purtroppo molto diffusa – dell’accudimento materno, per cui si dà soddisfazione in tutto e per tutto al bambino. C’è il terrore nel genitore a dire «no» al figlio: perché assecondarlo è più facile e per la paura di scontentare, di deludere e di ricevere in cambio reazioni di protesta e di rabbia che sono poi da gestire insieme a lui.
Ma un papà sempre tenero, può trasmettere un sentimento di sicurezza al figlio, che è fondamentale per la crescita? Potrà davvero offrire una autentica protezione di fronte ai rischi che la realtà presenta e alle esigenze di crescita che il figlio porta in sé?
L’obiettivo dei genitori è la crescita dei figli, e non solo quella fisica: i figli debbono staccarsi da mamma e papà. E nel recidere il cordone ombelicale il ruolo del padre è decisivo. Anche il figlio, infatti, tende a farsi cullare all’infinito tra le braccia materne, non ha così tanto desiderio di camminare da solo. Il padre incarna il ruolo di colui che lo sprona, non in maniera improvvisa ma all’interno di un percorso. Incoraggia l’autonomia del figlio e prepara insieme a lui il distacco, doloroso ma necessario per crescere”.

La stessa dinamica accompagna anche la coppia, per la verità.
“Gli sposi debbono infatti separarsi dalle famiglie di origine. L’uomo e la donna debbono assumersi la responsabilità delle proprie scelte anche se i genitori non sono d’accordo. Occorre mettersi in gioco e recidere il cordone che psicologicamente li mantiene dipendenti a loro ancora nelle scelte. Per questo è necessario saper reggere il conflitto, sostenere la delusione, convogliare la rabbia.
Il «non te lo compro» detto al figlio scatena queste dinamiche. È importante motivare il no: non è una punizione, non è mai fine a se stesso ma sempre in vista di una crescita, di un bene maggiore. No adesso, perché so che la tua frustrazione la puoi sostenere”.

Siamo definiti una “Società senza padri”.
“La funzione materna non scontenta nessuno, rassicura tutti. Ma arriva il momento della «virilità». Molti uomini si stanno interrogando. Per secoli è stato il padre-padrone, e non si metteva in discussione nulla: oggi si è più aperti. Il rischio è quello del «papa-peluche»: buono, bravo e accettato.
È l’identità maschile che si deve ancora chiarire. Due le condizioni necessarie: la serenità dell’uomo rispetto alla propria identità, e una donna al fianco che ne riconosca il ruolo. Il padre è tale se viene riconosciuto anche dalla madre”.

Paolo Guiducci