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Cartesio e Boscovich, continuità di pensiero

Nella toponomastica riminese, Largo Ruggero Boscovich scorre lungo il molo destro del porto di Rimini, tributo alla memoria di uno dei più importanti scienziati europei del settecento. Ruggero Giuseppe Boscovich fu a Rimini dal 1752 al 1753 per misurare “la lunghezza dell’arco di meridiano tra Roma e Rimini” racconta A.M. in Ruggiero Boscovich, la questione del porto di Rimini. Soggiornò a Rimini in casa del suo allievo in Roma, Garampi “A Rimini gli strumenti furono collocati in varie finestre di casa Garampi, la stessa casa da cui Boscovich aveva fatto le proprie osservazioni” riporta il Giornale di Fisica (vol. 34-35). Nel 1764 Boscovich tornò a Rimini su invito dei Deputati del Porto per avere il suo parere sul porto incontrando le ostilità di Giovanni Bianchi e di parte del Clero locale e romano ai vertici.

La scienza tra Cartesio e Boscovich
Tra il seicento e il settecento nasce la scienza moderna che fu il naturale proseguimento della Filosofia Naturale, osservare e scoprire le leggi della natura con la disciplina del pensiero. La Filosofia Naturale nel 1600 trova pensatori e scienziati in un secolo che si avvia rapidamente verso un cambiamento culturale filosofico e storico. Il pensiero moderno prende forma a grandi passi in un modo nuovo di concepire ed insegnare il sapere, il cammino del pensiero scientifico trovò difficoltà ideologiche sulla sua strada, la vicenda di Galileo ne fu l’esempio. Ma l’avvento del nuovo clima culturale fu avvertito e soprattutto praticato da molti e le idee che lo alimentarono divennero il motore, inarrestabile, del progresso scientifico. Le scienze trovarono forma, sostanza e ragione nelle idee di Galileo, Newton e Cartesio, in questo ultimo trovano anche la formulazione del metodo: la ragione in cerca della verità scientifica. Non di secondaria importanza furono Bonaventura Cavalieri (1598-1647), Francesco Redi (1626-1697), Marcello Malpighi (1628-1694) anche se poco ricordati. Il Discorso sul metodo di Cartesio che in origine si intitolava, con premonizione, Progetto per una scienza universale conteneva materie quali la diottrica, le meteore, la geometria, la teologia (su Dio e anima), argomenti coincidenti con gli stessi trattati da Boscovich nel trattato Philosophiae naturalis centotrent’anni dopo Cartesio. L’evoluzione del pensiero scientifico e della conoscenza, il progredire delle scienze matematiche, uniscono Cartesio a Boscovich nello studio di discipline comuni formando un continuum evolutivo. Cambiano i termini e il periodo storico ma non i contenuti e il metodo. Contenuti le cui origini sono salde nel pensiero galileiano e nell’insegnamento, entrambe praticate nelle scuole dei gesuiti.

La continuità del pensiero scientifico
Le ragioni della continuità tra Cartesio e Boscovich si sostanziano nell’aver indagato gli stessi ambiti scientifici, di essere entrambi innovatori “opponendo l’evidenza del pensiero all’autorità di una tradizione formalistica“ la natura pratica del ragionamento connessa al concreto della ricerca scientifica con stretta attinenza al rigoroso procedimento matematico, alla geometria. Le molte analogie tra i due scienziati segnano il cammino di tutta la scienza, contemporaneamente sembrano segnare anche il cammino del pensiero filosofico quando ormai sono su percorsi distinti e la scienza non è più chiamata Filosofia naturale. Entrambi praticano il sapere in base alla scienza universale di impianto essenzialmente metodologico. “Cartesio estese la concezione razionalistica di una conoscenza ispirata alla precisione e certezza delle scienze matematiche”, Boscovich immerso nella concezione razionale della conoscenza praticò le scienze matematiche applicate alla risoluzione di problemi pratici, due esempi: la statica e la pressione dei fluidi. “Fin dalle sue prime ricerche iniziò ad elaborare una teoria sulla struttura del mondo fondata su una particolare legge delle forze della natura, già ben presente nelle opere De viribus vivis (1745), De lumine (1748) e De centro gravitatis (1751). Essa trovò tuttavia una sistemazione definitiva nella Philosophiae naturalis theoria (1758)”. In comune ebbero la formazione in collegi di gesuiti, Cartesio al collegio di La Flèche, nell’Angiò, Boscovich nel collegio Romano. Nei collegi tenuti dai gesuiti lo studio della matematica, unita alla geometria, era orientato all’applicazione pratica e Boscovich perseguì questo scopo per tutta la vita e in tutte le discipline da lui praticate.

Dio, anima e ragione
L’influsso del pensiero di Galileo e di Newton fu inarrestabile, le scuole gesuite praticarono attivamente i nuovi principi della filosofia della scienza e molto contribuirono nella geometria, nell’ottica, nella matematica, nelle scienze applicate. Entrambi misero in relazione Dio con l’anima, Cartesio pose il luogo dell’anima nella ragione “da tutto questo conclusi che ero una sostanza la cui essenza o natura non esiste in altro se non nel pensare, una sostanza che, per essere, non ha bisogno di alcun luogo, nè dipende da alcuna cosa materiale… la nostra anima, cioè quella parte distinta del corpo la cui natura, come abbiamo precedentemente detto, consiste esclusivamente nel pensare”. Il luogo dove fosse l’anima nel corpo umano diede luogo ad un dibattito acceso ed infinitamente lungo, una questione, allora, più filosofica che medica. Cartesio conosceva la fisiologia cardiaca e la descrive nella parte quinta del suo Discorso e si guarda bene dal mettere l’anima nel muscolo cardiaco. Nell’uomo coesistono “l’anima vegetativa e l’anima razionale” da Dio creata e da lui congiunta al corpo. “Separando nettamente la materia e lo spirito, l’anima e il corpo, Cartesio di fatto apriva la strada alla scienza matematica e sperimentale moderna”, (Carlo Sini). Boscovich a sua volta tiene nettamente separati la materia e lo spirito e nel continuum cartesiano afferma che l’anima sia costituita di una sostanza che non rientra nello schema analitico della fisica, della meccanica, delle nuove leggi della materia (atomi, vuoto e loro interazione secondo la distanza), e per questo non è rilevabile ai nostri sensi ma, soprattutto, non è descrivibile mediante le leggi della fisica. L’esistenza dell’anima e quindi di Dio “deve essere risolta altrove”. Alta e ampia fu la conoscenza dello scienziato Boscovich del vivace ed innovativo dibattito scientifico dell’epoca e dei protagonisti maggiori “Praeter Cartesianos paucos… nam Leibnitiani…” (eccetto pochi filosofi Cartesiani… infatti Leibniziani…) e delle leggi di interazione dei corpi “quanquam non immediate agentem in corpus” (benché non agente direttamente nel corpo).

Boscovich e la scienza moderna
A collocare definitivamente Boscovich nell’olimpo della scienza moderna fu Baldassarre Labanca (1829-1913), che nel 1868 nel vol. 2 della Filosofia razionale (p.301) scrisse “Nella dottrina dinamica del Leibniz, le forze semplici godevano tre proprietà: non producevano azione di fuori, nè ricevevano azione di dentro, erano tutte dotate di percezione e di appetizione; e nel numero esistevano attualmente infinite. Ora Kant e Boscovich ammisero (formularono) che il corpo sia aggregato di forze semplici; ma essendo princìpi intrinseci di azione, agiscono le une sulle altre ad una certa distanza tra loro, senza che si compenetrino. Oltre a ciò, riconobbero che le funzioni di esse forze non sono già la percezione e l’appetizione, che appartengono ad esseri sensitivi e intellettivi, ma l’attrazione e la repulsione”. Da quest’ultima la definizione di attrazione gravitazionale. Boscovich trova un’ umanità distratta e distante dal contenuto dei suoi studi. La storia lo dimostra, più scienziato che gesuita, un punto altissimo della conoscenza umana nell’epoca dei lumi, tant’è che tutt’oggi non è neanche menzionato nella lista dei gesuiti più famosi. Dopo Labanca fu Ernst Cassirer nella sua Storia della filosofia moderna a collocare Boscovich accanto a Newton e Leibnitz per profondità di ingegno. Interessante è l’affermazione di Boscovich che l’anima è nel corpo dove finiscono le terminazioni nervose, cioè la testa. Il gesuita Boscovich non si rimette alle verità teologiche. In un colpo solo con questa sua considerazione spalanca il futuro ad una branca fondamentale della medicina e del pensiero scientifico umano: le neuro scienze. Questa intuizione sancisce la nascita della disciplina scientifica ma l’umanità intera lo ignora come la comunità scientifica ha ignorato che a postularla fosse Ruggero Boscovich da Ragusa (Dubrovnik).

Loreto Giovannone

Nella foto: Boscovich, (Ragusa – Dalmazia, 18/05/1711 – Milano, 13/02/1787)