Home Attualita Capiamo la paura, ma l’aiuto è l’essenza della nostra fede

Capiamo la paura, ma l’aiuto è l’essenza della nostra fede

Pochi giorni fa, prima del meeting “Liberi dalla paura” organizzato su iniziativa di Caritas Italiana, Fondazione Migrantes e Centro Astalli dal 15 al 17 febbraio a Sacrofano, sul tema dell’accoglienza, Monsignor Douglas Regattieri, Vescovo di Cesena e delegato della Conferenza episcopale regionale per il servizio della carità, e i Direttori delle 15 Caritas diocesane della Regione Emilia Romagna hanno pubblicato un documento che, prendendo atto degli effetti del Decreto sicurezza, appoggia e sostiene la decisione dei Sindaci e Presidenti regionali che hanno promosso il ricorso alla Corte Costituzionale, e afferma che “di fronte a gravi disagi inflitti alle persone, in coscienza, non si può rimanere inerti”.

“Noi, Vescovo delegato della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna per il servizio della carità, – si legge nel documento – e i Direttori delle 15 Caritas diocesane della Regione, dopo la pubblicazione e l’entrata in vigore del cosiddetto «Decreto sicurezza» (la legge 132/2018), con l’intento di esprimere un parere che orienti i tanti fedeli che si rivolgono a noi per avere chiarezza e al fine di riaffermare ancora una volta […] la nostra ferma decisione di metterci dalla parte degli ultimi e dei più svantaggiati che bussano alle nostre Caritas e ai nostri Centri di ascolto, confermiamo il parere negativo riguardo a questa legge, condiviso da tante realtà cattoliche in Italia, compreso Caritas Italiana, perché concretizza un atteggiamento vessatorio nei confronti di persone a cui si imputa il torto di essere straniere e povere, le quali saranno condannate a maggiore precarietà e marginalità, a danno di tutta la cittadinanza. […] La legge indebolisce anche il nostro stesso corpo sociale, la cultura solidale che ci lega, si rafforza il nazionalismo e l’individualismo delle singole comunità e si costruisce un Paese forte solo con i deboli e chiuso. L’obiettivo di ogni politica sociale dovrebbe essere invece il maggior bene possibile di tutta la cittadinanza, tra diritti e doveri, legalità e convivenza. Anche le comunità cristiane, a cui apparteniamo, sembrano talvolta tentate da un atteggiamento conciliante verso questa cultura dell’esclusione […].
Come Caritas diocesane dell’Emilia Romagna, ci sentiamo quindi di impegnarci a due livelli:

a) Riteniamo giusta e da sostenere la decisione dei Sindaci e Presidenti regionali che hanno promosso il ricorso alla Corte Costituzionale. In Costituzione, l’art. 10, riconosce il diritto di asilo e in questo momento, di fronte ad un decreto sicurezza che, a giudizio di molti, non tutela questo diritto e mette in difficoltà ulteriormente le realtà locali, i Giudici della Consulta possono esprimersi in merito autorevolmente.

b) Inoltre, di fronte a gravi disagi inflitti alle persone, in coscienza, non si può rimanere inerti. Riteniamo dunque giusto mettere in atto una sorta di “obiezione di coscienza” ad un decreto che non tutela la vita delle persone. Non possiamo esimerci dagli obblighi di questa legge e tuttavia, come credenti e professanti, sentiamo il dovere di contrastarla con i mezzi a nostra disposizione: l’educazione delle comunità e delle persone a riconoscere il Signore Gesù presente in ogni fratello, in particolare nei poveri; l’accoglienza generosa e prudente di ogni persona che punti al loro sviluppo integrale; la cura di relazioni di prossimità e solidarietà per contrastare una cultura dell’esclusione e dello scarto; un’azione di advocacy e di partecipazione politica a difesa dei più poveri fondata sulla nostra Costituzione; lo studio di strumenti giuridici e amministrativi che permettano l’accompagnamento alla legalità delle persone che incontriamo.
In un momento di confusione e disorientamento pensiamo che la Chiesa debba avere il coraggio di essere se stessa, fedele a Gesù Cristo e al magistero di papa Francesco e dei nostri Vescovi e promotrice di una vera cultura della Carità”.

Il commento di Mario Galasso

direttore di Caritas diocesana Rimini e delegato regionale Caritas

“La Caritas si sta interrogando a tutti i livelli su questo periodo storico e sui nuovi provvedimenti di legge che sono stati approvati, che vanno a colpire in maniera vessatoria, persone per il semplice fatto che sono straniere e povere – afferma Mario Galasso, direttore della Caritas di Rimini e Delegato Regionale Caritas, a cui abbiamo chiesto un commento sull’intervento relativo al Decreto Sicurezza.
“Parlando di migranti all’interno del documento sicurezza, il passaggio naturale che ognuno di noi fa è: l’immigrazione è un problema di sicurezza. Siamo reduci dal convegno Liberi dalla paura e mi ha colpito una frase del documento che dice: per noi chi aiutare chi ha bisogno non è un gesto buonista, di ingenuo altruismo o peggio ancora di convenienza: è l’essenza della nostra stessa fede”.

“Io penso che noi su questo dobbiamo lavorare tanto nelle nostre comunità. Anche il Papa mentre era in volo per andare alla Giornata Mondiale dei Giovani, ha detto che la paura rende folli. Basterebbe leggere i numeri sull’immigrazione e ci renderemmo conto che la paura non avrebbe ragione di essere, ma ormai il nostro sentire ci fa sembrare questo come il problema dei problemi”.

“Qualche giorno fa abbiamo festeggiato la giornata della vita, per tutelarla quando è ancora nel grembo materno, io mi chiedo se ci sono delle vite di serie a e delle vite di serie b. Difendiamo quella nel grembo materno, ma quelle delle persone che muoiono in mare sono vite di serie b?
Anche durante la giornata della memoria abbiamo ricordato la pazzia dei lager, ma quella memoria non ci aiuta a ricordare quello che avviene nei lager in Libia.
Per cui c’è da una parte sicuramente una paura che in molti di noi è entrata, ma dall’altra c’è un’ipocrisia di fondo che si può vincere con l’accoglienza e l’incontro.

“L’esperienza che noi vorremmo lanciare come Caritas Diocesane dell’Emilia Romagna, è proprio il fatto che le Caritas sono costituzionalmente dalla parte degli ultimi, dei poveri, dei più fragili. E noi a questi ultimi non chiediamo un documento, lo aiutiamo indipendente dalla provenienza. Contrastare la cultura dell’esclusione e dello scarto è nel dna di Caritas, la nostra bussola quotidiana”.
“A fronte però di quelle che sono le politiche vessatorie nei confronti dei migranti – le persone più fragili – ci sono nel nostro territorio molte persone, parrocchie e realtà che si stanno interrogando. Non dobbiamo poi dimenticare, anche rispetto al nuovo capitolato che verrà presto applicato e che ha eliminato tutte le misure di integrazione, che l’accoglienza diffusa ha un costo zero”.

La cosa incredibile è come cambiano i toni e l’atteggiamento nel momento in cui incontriamo questi giovani migranti ricchi di speranza.
La cosa che oggi ci sentiamo di dire come Caritas è di unirci, di crescere come comunità, di creare degli spazi in cui confrontarci nelle paure che alcuni di noi hanno, ma anche di aprire le porte e sperimentare l’accoglienza. Come dicevo è indubbio che le Caritas per loro vocazione non lasciano nessuno fuori dalla porta, ma nel momento in cui vengono negati i permessi di soggiorno, la situazione cambia. C’è già un primo dato dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), secondo cui tra il tra giugno 2018 e gennaio 2019 i diniegati sono stati 45mila, solo il 2% dei richiedenti ha ottenuto la tutela prevista dalle norme vigenti.Nel 2017 erano il 25%”.

“Questo creare irregolari è l’esatto contrario di quello che si pretende di avere: creare irregolari significa creare insicurezza. Inoltre il permesso di soggiorno per motivi umanitari è un riconoscimento che ha un rango costituzionale. Lo stesso presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario ha sottolineato come le leggi in materia di sicurezza stiano togliendo agli stranieri dei diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione”.

“A quei migranti che si troveranno in situazioni di irregolarità, noi continueremo a fornire servizi di base, anche per aiutarli nei possibili percorsi di integrazione. Come comunità cristiana, ma non solo dobbiamo cercare di aiutare tutti e di usare tutte le energie possibili per aiutarli a costruirsi una nuova vita. Penso che dobbiamo avere sottobraccio da una parte la Bibbia, ricordarci l’insegnamento che Gesù fatto uomo ci ha fatto, e dall’altra la Costituzione, per tornare a scoprire la nostra umanità”.

E qual è la posizione del Comune di Rimini? Gloria Lisi, vicesindaco e assessore ai servizi sociali, condanna senza mezzi termini il decreto.
“Molte persone non avranno alternative, se non diventare clandestini. Il Comune, come forma di protesta civile, rimanendo nel dettato della legge, garantisce comunque l’iscrizione anagrafica per i migranti, se non altro l’atto di domiciliazione. Le anagrafi non si possono rifiutare di prendere atto della dichiarazione della residenza dei cittadini. Solo che prima lo facevano i gestori dei Caf, ora devono presentarsi i singoli richiedenti”.
Il Comune offre poi i servizi dello sportello immigrati, finanziato attraverso i Piani di zona, che dà assistenza legale a tutti i migranti.