Home Sport Caba, un monte scalato 500 volte

Caba, un monte scalato 500 volte

Nome: Roberto. Cognome: Cabalisti. Età: 47 anni. Professione: istruttore di scuola guida e giocatore di baseball. Hobby: mandare a farfalle i battitori avversari. Segni particolari: 500 apparizioni sul monte, 2187,1 riprese lanciate: 161 vittorie, 94 sconfitte e 61 salvezze nel campionato italiano. E, come se non bastasse, 5 scudetti e una Coppa Campioni vinta con Rimini. In un’ipotetica e molto fantasiosa carta d’identità, il capitano dei Pirati, Roberto Cabalisti, troverebbe scritti questi dati. Il tutto frutto di una carriera esaltante che nel corso dell’ultima giornata di campionato a Bologna, contro i padroni di casa della Fortitudo, ha raggiunto il culmine toccando le 500 presenze in pedana. Record che lo ha definitivamente incoronato il re dei lanciatori nella storia del baseball italiano.
Cinquecento partite disputate nella massima serie: c’è una dedica particolare?
“La dedica è a me stesso e alla mia famiglia. Per raggiungere un record come questo si devono fare sacrifici importanti e io con la mia famiglia ne abbiamo fatti. Poi devo ringraziare tutti quelli che mi stanno vicino, l’ambiente di lavoro e anche la buona fortuna”.
Si ricorda la sua prima partita sul monte di lancio?
“La mia prima partita in assoluto nella massima serie l’ho disputata nel 1984 con la casacca del Trieste. Quella volta giocavamo contro il Pesaro. Fui schierato come partente e lanciai tutta la gara”.
Qual è stata la sua partita più bella?
“La più bella in assoluto è stata quella che ci ha consegnato il decimo scudetto che per me ha rappresentato la Stella di una carriera. Inoltre dare ad una città la gloria di una stella è un qualcosa di unico, considerando anche che in Italia questo onore l’hanno solo Nettuno e Rimini. Ormai sono stato adottato da questa città e sono orgoglioso di essere il capitano della sua squadra di baseball”.
Chi è invece il battitore che le ha dato più filo da torcere?
“Ce ne sono stati tanti ma, recentemente, il parmense Orlando Munoz è stata una bella gatta da pelare. È un fuoriclasse, uno dei pochi a cui non cerco di fare strike out. Cerco sempre di farlo battere il meno forte possibile. Nella sfida col lanciatore lui è un vincente”.
Qual è il segreto che le ha permesso di raggiungere il record di presenze in A1?
“A livello tecnico il mio tipo di lancio è stato sicuramente importante. Inoltre ho curato la mia struttura fisica al meglio per cercare di avere un ottimo feeling col monte. Non ho mai avuto un allenatore specifico. Oltre ad allenarmi osservavo anche gli altri lanciatori e cercavo di imitarli. A livello emotivo, invece, ho portato l’amore che provo verso questo sport fino all’estremo”.
Nel campionato italiano vede un lanciatore che le assomiglia o che potrebbe raggiungere il suo record di presenze?
“Che qualcuno mi possa raggiungere è abbastanza difficile. Il record che ho stabilito è maturato nel corso di anni e anni. Emiliano Ginanneschi, uno dei lanciatori del Grosseto e mio grande amico, è una sorta di mia fotocopia. In lui rivedo la capacità di sacrificarsi e di salire sempre sul monte in ogni momento. È coriaceo proprio come me”.
Fino a quando pensa di salire sul monte per far ammattire i battitori avversari?
“Fino a quando il fisico me lo permette, fino a quando mi diverto. Incrociando anche le dita sperando che tutto vada bene”.
E dopo aver appeso il guantone al chiodo cosa le piacerebbe fare?
“Sono allenatore di massimo livello dal 1980. Quando decideranno che Cabalisti non dovrà più giocare mi piacerebbe allenare una squadra. Se qualche società si farà avanti valuterò. Poi dipende tutto da una serie di elementi molto vari”.
Tra l’altro lei ha ancora qualche record da conquistare…
“Quello degli strike out dovrebbe essere già mio. Al lanciatore che mi precede, Newman, sono stati attribuiti anche 200-300 strike out che ha fatto in serie A2. Io invece li ho fatti tutti nella massima serie, è illogico. Se riuscissi a raggiungerlo comunque sarei secondo perché il primo posto di Glorioso è irraggiungibile”.
Chi era il suo idolo da bambino?
“Nel baseball italiano il mio idolo era Eddy Orizzi”.
Facendo tesoro di tutta la sua esperienza, cosa consiglierebbe ad un ragazzo che volesse iniziare a giocare a baseball?
“Di amarlo sapendo dare qualcosa alla squadra nella quale gioca. I traguardi individuali quando vengono raggiunti fanno bene alle squadre e a tutto il baseball italiano”.
Cambiamo argomento: secondo lei cosa non ha funzionato nella Telemarket di quest’anno?
“Quello italiano è un campionato corto dove non puoi permetterti il lusso di perdere 2 o 3 partite di fila. Poi non aver avuto la convinzione di essere i più forti in assoluto. Anche la mancanza dei tifosi si è sentita. È importante sentire la vicinanza della città”.
Il campionato è finito ma avete ancora la coppa Italia (iniziata bene con due vittorie contro Godo e Parma) per riscattare due anni deludenti.
“La Coppa per noi è un trofeo fondamentale perché permette a chi la conquista di dispuatare la coppa Campioni durante la stagione successiva. La mia ambizione è quella di vincerla nuovamente dopo quella conquistata nel 1989 al mio esordio con Rimini”.

Matteo Petrucci