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Bucci, un coach anche nella vita

Quaranta anni fa, o poco più, fu il “fantino” della incredibile cavalcata che portò Rimini dalla serie D alla A2, per la prima volta nella sua storia. “È stata un’avventura così unica che sono diventato riminese d’adozione” mi ha confessato anche in occasione dell’ultima intervista, al Circolo Tennis di Marina centro, luogo che frequentava abitualmente. Nel suo peregrinare col basket in giro per l’Italia, Alberto Bucci conquistò tre scudetti, due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana, l’Italia Basket Hall of Fame e la presidenza onorario della Virtus Bologna.
Ma soprattutto Albertone ha fatto canestro con la vita. Fino all’ultimo giorno. Con lui il pensiero della morte si era trasformato in un inno all’esistere. “Non ho paura di morire. L’idea che un giorno io debba morire mi fa sentire vivo. Mi fa apprezzare ogni giorno che passo su questa terra, il tempo che dedico a mia moglie, alle mie figlie, ai miei affetti”.

Nato a Bologna il 25 maggio 1948, sposato da una vita con Rossella (dal matrimonio ha avuto tre figlie), Bucci viveva a Poggio Torriana e continuava a frequentare Rimini. Detiene un record: è l’unico coach ad avere vinto la Coppa Italia con una squadra di A2 (Glaxo Verona) .
Ma anche il salto carpiato con la Sarila Rimini dal 1974 al 1978, ha qualcosa dell’incredibile. “Mi ero prefissato tre anni per verificare se il basket fosse la mia strada e il mio lavoro, altrimenti sarei ritornato sui miei passi. Incontrai Gianmaria Carasso, che mi convinse ad abbracciare il progetto Rimini. Guadagnammo l’A2”. E un pezzo di storia.
Assieme agli amici Maurizio Marinucci e Andrea Basagni, Bucci ha scritto il libro Fuori tempo, riflessioni di un coach tra vita e canestri (Minerva Edizioni).
Ha combattuto per anni contro il il tumore. Non ne ha mai fatto mistero, anzi ha sempre affrontato diffusamente l’argomento.

“Non me ne vergogno. Perché mai dovrei farlo, non ho mica rubato nulla? Saputa la notizia delle cellule impazzite, ho pensato: Oddio muoio! Il pensiero è andato subito ai miei genitori, alla mia famiglia, agli amici e alle emozioni vissute. A cosa assomiglia la vita, ad una quercia, forte, oppure ad un fiore, che cresce, cambia colore, profuma e si spegne? Tutti cerchiamo di vivere il più a lungo possibile, ma la qualità è decisiva”.
Non solo sport. Nel 2006 fu candidato sindaco alle elezioni di Rimini. Alla guida di una lista civica, sfidò Alberto Ravaioli. “Raccolsi il 40,2% di consensi entrando in campo all’ultimo momento in sostituzione di Vittorio Taddei”.
Ai ragazzi che spesso incontrava, poneva loro sempre una domanda. “Qual è il regalo più bello che avete ricevuto dai vostri genitori? La vita. Per questo non va buttata via sfrecciando sulle strade o ingurgitando alcol fino al coma etilico. Averne consapevolezza aiuta già a guardare la realtà con occhi diversi”. Albertone lo hai fatto. Grazie.