Home Attualita “Bombe d’acqua” piovono sulle fosse: sistema a dura prova

“Bombe d’acqua” piovono sulle fosse: sistema a dura prova

Puntando lo sguardo sulle colline che si alzano alle spalle di Rimini e disegnano declivi e linee ondulate sino ai più lontani e selvaggi Appennini, ci accompagna la convinzione che la terra, il paesaggio, l’ambiente in cui viviamo abbia una sua sicura fissità. Al contrario il territorio è mutevole e soggetto a continui cambiamenti. È grazie all’opera di bonifica e di canalizzazione – cominciata con le più antiche popolazioni italiche – che l’uomo cerca di rendere la natura in cui si trova a vivere, più sicura e meno soggetta a variazioni.
La Romagna, poi, è una terra d’acqua. A valle di ogni altura scorre un rigagnolo che poi confluisce nei principali fiumi della zona: Conca, Marano, Ausa, Marecchia, Mavone e Rubicone. Agli alvei dei fiumi – per sopportare il carico di acqua piovana che altrimenti trascinerebbe ogni cosa – si aggiungono i canali artificiali. Nella nostra provincia se ne contano 40, per un totale di 240 chilometri di canalizzazione (1400 in tutta la Romagna).
Nel comune di Rimini i canali sono 11 e la loro presenza è attestata almeno dal 1700.
È spesso difficile identificarli e trovarli, in parte perché in molte zone sono tombinati (vengono cioè coperti, ma non interrati, in modo da diventare canali sotterranei), e in parte perché, una volta giunti in territorio urbano, le fosse diventano collettori delle fogne. Un pasticcio, quello che mescola canali e fogne, che da decenni fa penare la città creando una serie di disguidi e problemi, e che è insito nella natura stessa di questo sistema che dovrebbe essere separato e invece è misto. Anche la gestione del comparto risente di questo miscuglio. A monte della città, in territorio extraurbano, i canali sono di gestione del Consorzio della Bonifica della Romagna, quando invece entrano in città e divengono collettori delle fogne sono gestiti da Hera.
La situazione è complicata ma non critica – spiega l’Ingegner Andrea Cicchetti, direttore tecnico del Bacino del Marecchia del Consorzio di Bonifica della Romagna – c’è un unico sistema con due tempi di risposta diversi, quello extraurbano e quello urbano. Per quanto riguarda la parte extraurbana, la situazione degli undici canali che hanno sbocco sul mare è buona. Possiamo dire che il territorio è in sicurezza dal punto di vista idraulico. Dopo l’alluvione del 1996 che creò enormi danni, la Regione ha stanziato 12 milioni di euro che sono stati utilizzati per la messa in sicurezza del sistema di canalizzazione e la realizzazione sette nuovi impianti idrovori per lo smaltimento di 20mila litri di acqua al secondo”.
Scorrendo le statistiche, all’alluvione del 1996 fecero seguito altre situazioni critiche nel 2001, 2005, infine 2007 e l’ultima nel maggio del 2010. I fenomeni che sollecitano la rete sembrano in aumento.
– conferma Cicchetti – il sistema è messo a dura prova anche dai cambiamenti climatici. Dalla fine degli anni ’90 il panorama idrologico è cambiato. Basta pensare che ogni anno cade lo stesso quantitativo d’acqua, ma meno distribuita nei giorni e condensato invece in pochi eventi. Noi le chiamiamo bombe d’acqua”.
Le cose si complicano quando i canali entrano in territorio urbano.
Ogni canale – continua Cicchetti – prima dello sbocco a mare ha delle paratoie che rimangono chiuse. Quando piove un sistema di pompe solleva i liquami – perché i canali raccolgono nell’ultimo tratto anche le fogne – e li porta al depuratore. Il problema insorge quando le piogge sono particolarmente intense e durature. Quando, cioè, piove per giorni nelle campagne e poi arriva lo scroscio in città, a quel punto le vasche di raccolta che si trovano in fondo al canale sono piene e si devono aprire le paratie versando tutto in mare”.
Il problema – conclude Cicchetti – nasce da questa commistione. Fosse e fogne dovrebbero essere due sistemi separati. Purtroppo negli anni ’60, ’70 le cose sono andate in maniera diversa. In realtà sono già sulla carta dei progetti per separare le fogne dalle fosse e rendere il sistema meno fragile. Ma i costi sono ingenti, si parla di centinaia di milioni di euro. In alcune zone, invece, il problema è già stato risolto. Sia Riccione che Cattolica che Misano hanno i collettori delle fogne separati dai canali”.

Stefano Rossini