Al primo posto ci sia la carità

    La Caritas riminese compie 30 anni, stando ai documenti ufficiali, ma la Carità diocesana era già all’opera da tempo, non solo nelle parrocchie.
    “La Caritas come struttura fisica non esisteva ancora, e il ‘centro della carità diocesana’ era presso la Casa del clero, dove una piccola ‘mensa della solidarietà’ era già attiva nei locali adiacenti la chiesa di Santa Ritaracconta monsignor Fausto Lanfranchi, che nel 1972, viene nominato vicario, dall’allora Vescovo mons. Emilio Biancheri.
    “Avevamo organizzato in quel periodo, con le suore, una stanzina apparecchiata dove le sorelle di sant’Onofrio potevano offrire un pasto caldo, minestra o pastasciutta e un secondo se quel giorno si rimediava.
    La Diocesi allora acquistava pasta, olio, pomodoro; il resto proveniva dal buon cuore dei riminesi. Quando i poveri venivano a bussare in Curia per chiedere aiuto, gli veniva dato un ‘biglietto’ che permettesse loro di presentarsi per il pranzo dalle suore. Allora 7 o 8 persone venivano giornalmente a chiedere assistenza.
    Poi ci fu una seconda fase in cui iniziammo a distribuire veri e propri buoni pasto, donati dal dopolavoro ferroviario. Così per un periodo fu la Mensa dei ferrovieri, ad accogliere fisicamente alcune persone che gli inviavamo, ospitandoli a pranzo insieme ai loro operai, nei locali loro destinati per il pranzo. Fu una bella iniziativa, che però non ebbe seguito negli anni.
    La maggior parte di coloro che appartenevano alla categoria ‘poveri’ erano per lo più tossicodipendenti e non tutti i ferrovieri che pranzavano al lavoro gradivano la loro vicinanza.
    Nella chiesa di Santa Rita, intanto, don Rodeo, continuava ad accogliere questi fratelli, seguendo in particolare alcune persone particolarmente problematiche. Ricordo che ebbe molto a cuore un ragazzo affetto da una grave forma di alcolismo. Solo molto più avanti – continua monsignor Lanfranchi – si aprì una mensa più organizzata, nei locali della Chiesa di San Giuliano Martire nell’omonimo borgo riminese.
    Nel frattempo molte parrocchie della Diocesi riuscivano a gestire un rapporto diretto con i bisognosi, continuando a dare risposte concrete. Spesso erano gli stessi parroci che con le offerte dei parrocchiani acquistavano i buoni da dare ai ‘barboni’ per poter mangiare alla mensa.
    Questo durò fino agli anni 90. Poi con il boom degli immigrati, cambiò tutto. È con l’intento di pensare ai questi fratelli e a come dare loro risposte, che il 6 aprile del 1976 viene istituita a Rimini la prima Commissione Diocesana Jiustitia e Pax, per promuovere l’attenzione ai problemi dell’uomo. (Rivista Diocesana n. 109-110-111 pag.9 anno 1976 ndr.)

    Con l’arrivo nel 1977 di monsignor Giovanni Locatelli, Vescovo della Chiesa riminese fino al 1988, l’incarico di seguire il centro diocesano di aiuto ai più poveri viene affidato al canonico della chiesa di Sant’Agostino, Sisto Quinto Casadei Menghi.
    Seguendo le indicazioni pastorali del Vescovo si vanno formando in Diocesi i vari Centri di Pastorale con l’intento di raggruppare tutte le realtà di Chiesa che per affinità di programmi e di servizio possono svolgere un’azione comune.
    Ma è solo l’anno dopo la nomina a Vescovo di Rimini di monsignor Giovanni Locatelli che in diocesi nasce ufficialmente la CARITAS con l’Atto di Costituzione del “Centro Pastorale della Carità” il 25 gennaio 1978 come da proposta del Consiglio Permanente della C.E.I.
    (Bollettino della Diocesi di Rimini anno 1978 n.2 nuova serie ndr.)
    Don Sisto Quinto Casadei Menghi viene nominato ufficialmente Direttore della neonata Caritas Diocesana. Il Centro Pastorale Caritas, vede raggruppati tutti gli Enti, Associazioni, Comunità o gruppi vari che sono impegnati in qualche modo nel campo dell’assistenza.
    Nello statuto della Caritas diocesana si legge che la parrocchia è il luogo privilegiato della carità.
    Intanto il Centro Diocesano Caritas inizia a darsi una struttura. Don Sisto, coadiuvato da un consiglio di 5 persone elette fra i rappresentanti delle varie associazioni, da avvio ai lavori. Tutti i rappresentanti delle comunità formano la “consulta”. Il Consiglio ha il compito all’inizio di svolgere anche funzioni di segreteria.
    “Il Centro Pastorale diocesano è l’organismo istituito dal Vescovo – spiega don Sisto, in una intervista del tempo rilasciata ad Egidio Brigliadori e pubblicata sulle pagine deil Ponte del 29 gennaio 1978
    per favorire l’attuazione del precetto evangelico della carità nella comunità diocesana e nelle singole comunità minori, specie parrocchiali, in forme consone ai tempi e ai bisogni, per uno sviluppo integrale dell’uomo, con particolare attenzione alle persone che si trovano in condizioni di bisogno. Si può anche dire che il Centro Pastorale Caritas è lo strumento ufficiale per la promozione e il coordinamento delle attività caritative ed assistenziali in Diocesi. Succede frequentemente che più di un gruppo o associazione lavorino nello stesso settore spesso senza neanche avere un confronto o la possibilità di svolgere attività comuni, come presumibilmente dovrebbe succedere con chi lavora nello stesso settore. Ci auguriamo dunque in primo luogo che questo Centro possa essere un momento di scambio delle proprie esperienze, della propria vita, della propria spiritualità per incoraggiarci, per migliorarci per aiutarci. Con questo confronto si potranno forse trovare anche gruppi disponibili a coprire certi settori dell’assistenza fino ad ora lasciati scoperti. In questo senso il Centro si pone anche come stimolo e promozione di nuove iniziative. Alcune iniziative poi richiedono la massima partecipazione per assumere il giusto peso e raggiungere il massimo risultato: penso a certe attività svolte dalla comunità Papa Giovanni XXIII; certamente avrebbero potuto avere un peso maggiore e forse risultati più consistenti se ci fosse stata la collaborazione di tutti”.

    Cinzia Sartini


    Don Sisto Quinto Casadei Menghi:
    il primo direttore

    “Camminava a piccoli passettini avvolto nella sua capparella, per il centro storico, ed era subito riconoscibile con quel suo abito talare e l’incedere lento.
    Una persona con il fisico provato negli ultimi suoi anni dalla malattia, ma che spendeva tutta la sua vita, dal mattino dopo la Messa nella Chiesa di Sant’Agostino fino a sera, per gli altri.
    Incontro, tempo, spazio, il guardarsi dritto negli occhi. Don Sisto questo lo faceva con ognuno.
    Aveva un dono di Carità fuori misura: l’ascolto”
    .
    Così lo descrive, con un delicato tratteggio, così lo ha conosciuto, il professor Natalino Valentini, nel suo incontro con la Caritas dei primi anni 80.
    Sisto Quinto Casadei Menghi, primo Direttore Responsabile della Caritas riminese, un nome lungo da ricordare, ma per tutti i bisognosi che andavano a bussare alla sua porta, a Sant’Agostino, era semplicemente il ‘canonico’, o don Sisto.
    “Uno stile di vita di una generosità commovente – prosegue il professor Valentini. Aveva un rapporto diretto e fraterno con i fratelli in difficoltà, corrispondendo spesso gli aiuti anche di tasca propria.
    Cercava di dare una connotazione diversa al servizio di Carità in Diocesi.
    Negli anni precedenti l’ufficializzazione della Caritas, non c’era ancora l’esigenza pedagogica, perciò ci si adoperava per corrispondere al meglio alle urgenze dell’oggi, attrezzandosi per provvedere ai casi di necessità.
    Don Sisto pensava più ad una corrispondenza del bisogno immediata, ma erano solo i primi passi della realtà che avrebbe poi portato alla Caritas riminese, tutto il resto è venuto dopo, anche con le direttive di Caritas italiana.
    I primi anni ci furono sì, carenze di organizzazione, di mezzi, strutture, di soldi: ma mai di capacità di relazione affettiva, umanità e d’ascolto.
    Spesso, più le realtà si istituzionalizzano, più rischiano di perdere la dimensione della Carità.
    Molti poveri ed indigenti erano del luogo. Anziani, persone sfrattate, barboni. Don Sisto in quegli anni era assistente spirituale del Vadas (Apostolato per le persone anziane con problemi di salute ndr.) e dell’Unitalsi, così si cercava di compensare anche questo tipo di ‘povertà’.
    Dalla metà degli anni 80 l’emergenza furono i tossicodipendenti di Rimini, ma anche provenienti da fuori provincia”.

    Da li nacque la necessità di comunicare e collaborare con realtà come la comunità Papa Giovanni XXIII, il Gruppo Abele, comunità Incontro o il Ceis di don Picchi.
    In via Dante, in Curia c’era la segreteria, con la processione dei casi che venivano da altre parrocchie del circondario. Per dormitorio venivano utilizzati a volte i locali dell’Istituto San Giuseppe, attuale sede della Caritas diocesana, altre volte si faceva ricorso ad alberghetti che garantivano un tetto a prezzo modico. Ma erano tutte sistemazioni temporanee. La prima mensa organizzata, grazie anche alla Papa Giovanni XIII, fu allestita nei locali adiacenti la parrocchia di San Giuliano Martire a metà anni 80.
    Ma il vero salto di qualità arrivò con il trasferimento di mensa ed alloggi in via Santa Chiara.
    (Cinzia Sartini Giovanardi)