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Giovani e sport – posso giocare?

“Giovani e sport. Chi è leale vince sempre. Fra antidoping e legalità”, questo il titolo della conferenza organizzata dal Centro culturale Paolo VI, nell’ambito di un ciclo di incontri che andrà avanti sino all’11 maggio e che ha i giovani come protagonisti.
Lo scorso 9 marzo si è parlato di sport.
La domanda di fondo a cui si cerca risposta è: “È davvero possibile dire ai ragazzi che praticano uno sport, sia a livello agonistico che amatoriale, che possono farcela con le loro forze?”.
Alla sala del Giudizio del Museo della Città di Rimini, si sono alternati più relatori: Luca di TRR Pallanuoto Riccione, Fiorenzo Fantini di ESPLORA Rimini, Massimo Portoghese presidente dell’A.S.D. Champion Center di Scampia e infine Alessandro Donati, maestro dello sport. A ricoprire il ruolo di moderatore è Paolo Crepaz, docente di pedagogia dello sport e vicepresidente del CONI Regionale del Trentino. Anche il pubblico non pecca in varietà: ci sono ragazzi che hanno accompagnato i loro allenatori (c’è perfino una piccola delegazione da Scampia), e poi ci sono i grandi, quelli che sono dall’altra parte della barricata che allenano ed educano i più giovani.

Lo sport e il divertimento
“Lo sport è la più divertente tra le cose serie e ci permette di vivere in un contesto privilegiato quella che è la vita” è la frase di apertura di Paolo Crepaz. Lo sport viene dichiarato officina dove si costruisce qualcosa di molto più grande.
A rafforzare questo concetto l’esperienza di Luca di TRR Pallanuoto Riccione che mostra un video di interviste fatte da Francesco e Davide, due piccoli giocatori, ai loro compagni di squadra. Le domande ci sembrano ovvie, ma riescono a toccare temi grandi: Perché fai proprio la pallanuoto? Quanto conta vincere e cos’è la sconfitta? Come vedi le figure di adulti che hai intorno (allenatore, arbitro, genitori)? Come pensi che si dovrebbero comportare? Tra le risposte si sente più volte la parola divertimento; la sconfitta diventa momento di riflessione, gli avversari persone con la stessa passione, solo che si allenano in un’altra piscina; alle figure adulte raccomandano il rispetto verso gli adulti dell’altra squadra. I ragazzi sanno che si gioca all’80% per divertirsi e al 20% per vincere, e sono proprio loro a ricordarlo ai grandi.

Lo sport è la diversità
Si parla di cambiamento, di multiculturalità, così si arriva all’esperienza di ESPLORA che punta alla cultura del “noi”.
“La nostra caratteristica principale è la diversità: siamo tutti diversi, anche tra di noi in questa stanza. – racconta Fiorenzo Fantini – ESPLORA vuole abbattere questa diversità, portando i nostri ragazzi a relazionarsi con il mondo attraverso lo sport e alcuni attrezzi che vengono opportunamente modificati, rendendoli adatti a chi ha delle difficoltà. Mettere da parte i bisogni del proprio io ci fa vedere cosa si può fare per gli altri”.
Sull’argomento del doping è molto duro: “Essere disonesti nello sport è un tradimento, e chi tradisci è te stesso”.

Lo sport e la legalità
E arriviamo al tema della legalità e dello sport come strumento di riscatto dall’illegalità. A tal proposito appare fondamentale l’esperienza di Massimo Portoghese e della sua A.S.D. Champion Center, palestra che a Scampia raduna attorno a sé moltissimi giovani.
“A Scampia ci sono molti problemi e noi i problemi li affrontiamo. – dichiara l’allenatore – Attraverso il karate trasmettiamo disciplina e rispetto, valori che non servono solo per lo sport.
Tra i nostri ragazzi ci sono figli di poliziotti, avvocati, mafiosi, chi non può pagare la palestra e altri più benestanti, ma la prima regola è che sul tatami siamo tutti uguali. Oltre allo sport cerchiamo di trasmettere anche l’importanza della scuola”, in un quartiere in cui, come tutti sappiamo, c’è un alto livello di dispersione scolastica. Storie di ordinaria difficoltà, ma anche di ordinaria normalità in un contesto che ai nostri occhi appare straordinario.
“Ho 22 anni e vivo in un quartiere povero un po’ lontano da Scampia. – racconta Emilia, una delle allenatrici della palestra della delegazione campana – La mattina mi alzo e vado a lavorare nel negozio dei miei genitori, un frutta e verdura che ultimamente gestisco da sola, il pomeriggio faccio l’allenatrice in palestra, la sera mi alleno io e vado anche all’università”. Nella sala si sentono mormorii di ammirazione per Emilia, ma lei continua e stavolta è il pubblico a essere preso alla sprovvista. “La cosa che manca a noi ragazzi è la spensieratezza, la sensazione di speranza perché più cresciamo più ragioniamo e capiamo cose che possono abbatterci. Le lotte più difficili sono quelle della vita. O vinci o vinci. A volte prendo tutti i problemi e li accantono per cogliere quelle opportunità che danno speranza, la sensazione che può esserci un nuovo inizio. La vita è una lotta, cerchiamo di vincerla sempre”.
Emilia lascia tutti interdetti, ci fa sentire inadeguati di fronte alla sua quotidianità.

Lo sport e i limiti
A riportare il discorso sul tema del doping e a mettere dei paletti ben fissi è il maestro dello sport, Alessandro Donati. “L’obiettivo del doping ad alti livelli è farsi conoscere in modo da poter arrivare ai ragazzini che si allenano in palestra”. Dalle sue parole emerge che gli integratori di proteine e ormoni vogliono arrivare al frequentatore della palestra, all’atleta amatoriale che vuole migliorare la sua prestazione. “È assurdo pensare che i ragazzini ne abbiano bisogno. Nello sport mettiamo in campo qualità nostre. Con l’allenamento è possibile arrivare a fare cose eccezionali”. Per combattere questo fenomeno è necessario prima di tutto informarsi, in modo da poter decidere con la propria testa. “Un altro mezzo per contrastare il doping è il recupero dello sport dei bambini dando loro rispetto. I bambini devono divertirsi attraverso lo sport, non avere fin da piccolissimi l’ansia di vincere, di essere per forza i primi. Gli allenatori costruttivi guardano lontano, pensano con scadenze lunghe”.
A tirare le redini della serata è infine Paolo Crepaz con alcune riflessioni sul ruolo dello sport… e non solo dei giovani. Dal suo discorso emerge una visione dello sport come opportunità di confronto con l’altro e di crescita che passa attraverso legami che si costruiscono e gesti che si imparano. “I bambini quando si avvicinano chiedono: posso giocare?” e attraverso questo gioco con regole imparano la vita. Le regole rimangono fondamentali, così come la disciplina e il rispetto che gli allenatori devono essere in grado di trasmettere attraverso la pratica sportiva. Solo così possono assumere quel ruolo di adulto significativo spesso cercato dai ragazzi, una figura che includa regole e affetto.
“Lo sport insegna anche a gestire il limite”, in una società in cui è visto in modo negativo, nello sport il limite personale viene scoperto quando si cerca di superarlo. E questo permette di riappacificarsi con esso. “Grazie agli altri, avversari o compagni, posso scoprire sia i miei limiti che i miei talenti. Gli altri sono il metro con cui posso misurarmi”, e il confronto aiuta a crescere, a migliorare.
L’attività sportiva è allora un campo, un’area della vita, in cui non prendersi troppo sul serio, che ha a che fare con il gioco. E per giocare nessuno ha bisogno di integratori, solo di quello che ha dentro e di una certa disposizione a divertirsi.

Lucia Zoffoli