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A confronto senza paure

È una domanda che mi porto dietro da 30 anni, e che pongo ai miei amici della sinistra, da quando con la legge 194 il dramma sociale dell’aborto clandestino ha trovato risposta non nella civiltà dell’accoglienza solidale e della vita (tutta da costruire, ieri e oggi), ma nella soluzione tragica di eliminare l’incomodo più debole e silenzioso.
Ora è stata proposta una moratoria sull’aborto. Non è chiaro cosa significhi questo termine, ma poiché il valore della moratoria sulla pena di morte votata dall’Onu, cui si aggancia questa nuova iniziativa, è solo morale, non si vede perché tutti non dovrebbero accettarla. Infatti, passata una certa sbornia ideologica solo pochi isolati parlano di aborto come di conquista, mentre anche molti sostenitori della 194 si soffermano piuttosto sulla sofferenza, la solitudine e la sconfitta.
Se dunque moratoria significa riaccendere serenamente i fari su di un dramma, che ogni giorno coinvolge tante persone, perché non fermarsi e insieme riflettere? Per esempio sulla effettiva attuazione della legge, specie nei suoi aspetti di prevenzione e di aiuto da offrire alla donna per superare le cause che potrebbero indurla all’interruzione della gravidanza. Quanti spazi di collaborazione potrebbero aprirsi fra consultori e associazionismo!
Se poi il problema (lo è per tanti) è l’ingiusta miseria e lo sfruttamento, considerato che la 194 non prevede esplicitamente finanziamenti a tutela della vita, come non ripensarla in un’ottica di vera giustizia sociale, con politiche serie a favore della famiglia e della vita nascente? Quale aiuto prevede oggi la legge per la donna che decide di tenere il suo bambino?
Tutto questo non è di destra o di sinistra, né cattolico o laico. È semplicemente umano.

Giovanni Tonelli